«Era con me quando abbiamo presentato le liste per le comunali e mi ha portato fortuna…». Dice fortuna e non “bene”, con quella “e” stretta che solo i termolesi in Molise sanno rapidamente intonare.
L’amuleto di Francesco Roberti si chiama Elvira. Capelli scuri illuminati da colpi di luce sulle lunghezze, appena ondulati. Raffinata. Emozionata, premurosa. Vigile. Il pit stop a cui suo marito è stato costretto appena dopo la designazione a candidato governatore del centrodestra, perché il cuore – quello fisico – non è poi così romantico come si crede, è alle spalle. «Mi seguirà passo passo in campagna elettorale, mi deve controllare…», dice il sindaco di Termoli, forzista e stimatissimo in Fratelli d’Italia, fingendo nonchalance. È però evidente che con lei accanto si sente più sicuro. Elvira si commuove, di nuovo. Non molla la presa. Potrebbe diventare il 26 giugno la first lady del Molise. Ma in questo momento fa capolino negli occhi trasparenti soprattutto la moglie di Francesco. La madre dei loro due ragazzi.
Il leader del centrosinistra Roberto Gravina arriva che i suoi collaboratori sono già dentro le aule del Tribunale di Campobasso per presentare la lista del presidente – subito dopo quella di Roberti, quella di Forza Nuova e di Emilio Izzo – e sbuca alle spalle del collega e da oggi, anche ufficialmente, avversario per la guida di Palazzo Vitale. Il tempo, brevissimo, di un saluto e viene letteralmente risucchiato dalle troupe televisive. I telegiornali locali incombono, Gravina non si può “bucare”. Quando era in corsa per diventare primo cittadino del capoluogo c’era la fila per un selfie con lui. Roba che solo Salvini e Di Maio all’epoca… Guai a chiedergli di Annachiara, la donna per cui ha “perso il sonno” dal 2 dicembre scorso. La compagna Giorgia, la bimba nata quasi sei mesi fa (Annachiara appunto), la vita privata in genere, per il primo pentastellato a capo di una coalizione con il Pd sono uno scrigno che custodisce gelosamente.
Alle tivvù consegna messaggi rivolti al futuro, anche quello prossimo in cui potrebbe toccare a lui guidare il Molise. E finalmente può stringere con calma la mano a Roberti. Due chiacchiere, una sfida comune: dare una prospettiva al Molise. Poi, si dicono con fairplay: vinca il migliore.
Nell’atrio al piano terra del Palazzo di Giustizia di Campobasso si svolge tutto nella seconda giornata, che di fatto è meno di mezza, dedicata alla presentazione delle liste per le regionali. Dalle 10.30 in poi si irrobustisce il parterre. Alla spicciolata arrivano gli esponenti del centrodestra.
Mentre Nicola Lanza deposita firme, documenti e collegamenti per “Io non voto… i soliti noti”. Contrassegno un maiale, rappresenta i soliti noti forse? Comunque, simbolo di un Molise ostinatamente agricolo, che trova nelle radici motivi a iosa per auto ironizzare.
A sorpresa, Nicola Ninni porta il fascicolo di Forza Nuova. Candidato presidente, lui.
Sì, ma Niro? Il tempo di porsi la domanda e un trench blu fende la folla con baldanza. I capannelli che intanto si sono formati si dissolvono e ricompongono più avanti. Gli smartphone scattano foto. Il leader dei Popolari è dimagrito, quasi sciupato. «Assottigliato io?», la butta in politica. «Ma quando mai…».
All’improvviso sembra di stare nella calca di un concerto o di una partita allo stadio. Spintoni, operatori televisivi che si accalcano, microfoni puntati. Ah, ecco… C’è Claudio Lotito… Il senatore e coordinatore regionale di Forza Italia prende il numeretto, dispensa interviste senza risparmiarsi e poi entra nell’aula. Ci resterà a lungo, impegnatissimo nell’attesa. Se lo contendono tutti.
Le lancette girano inesorabili. Dopo Costruire democrazia di Massimo Romano (sono già le 11.30 e si chiude alle 12) sbucano i progressisti “verdi e di sinistra”, poi i socialisti, Federico per i 5s entra a favore di telecamera poco prima del gong. E allora il Pd? Eccolo. Ciuffo impeccabile, occhiali da sole e uno staff prevalentemente al femminile, il segretario Vittorino Facciolla si fa largo fino alla funzionaria del Tribunale che assegna i numeri per entrare all’ufficio elettorale.
Segreta’ pensavamo aveste rinunciato, lo provoca qualcuno. «Siamo qua…», replica serafico.
A mezzogiorno, porte chiuse. Qualche secondo dopo la Dc (quale però?) entra comunque. Ma viene poi bloccata.
Delegati e segretari di partiti e movimenti restano in viale Elena fino al pomeriggio per il primo, fondamentale, adempimento per le elezioni di fine giugno.
Tutto sommato, il meno è fatto. Direbbe l’avvocato Tito Torrisi, Adriano Celentano, nel film “Il burbero”.
rita iacobucci

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