Nicola Rocchia: medico innamorato del suo lavoro, in prima linea durante l’emergenza Covid e oggi primario del Pronto soccorso del Cardarelli, alle regionali del 2023 ha scelto la politica candidandosi a consigliere e a sostegno di Roberti. Perché?
«Perché, come ho più volte ripetuto in questi primi ed appassionati giorni di campagna elettorale trascorsi tra la gente, arriva nella vita un momento in cui ti rendi conto che la tua professione non basta, anche se la svolgi con tutto l’impegno possibile, a cambiare in meglio le cose. La politica è stata tanto bistrattata negli ultimi anni, ma in fondo resta l’unico strumento che abbiamo a disposizione per aiutare – in ogni ambito – il nostro territorio a crescere. Non solo in quello sanitario quindi, che è comunque oggi prioritario e mi vede coinvolto in prima persona per il mio ruolo e la mia esperienza…».
A proposito di sanità, il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata per molti osservatori è pericolosissimo per la sopravvivenza dei piccoli territori come il Molise. Lei cosa ne pensa?
«Il dibattito è ancora aperto e una versione finale non esiste, visto che l’iter deve coinvolgere le due Camere e le Regioni. Quello che di sicuro è sbagliato è l’approccio ideologico e poco tecnico al problema, in molti urlano allo scandalo a prescindere e per fini esclusivamente elettorali strumentalizzando un tema assai delicato e complesso. Ciò avviene soprattutto da parte di tanti professionisti della politica che ben poco hanno fatto per aiutare la sanità molisana, o peggio ancora hanno contribuito – sostenendo scelte sbagliate – a peggiorare il sistema. Per questo dico che servono più competenza e conoscenza e meno slogan e chiacchiere. Il diritto alla salute non è di destra o di sinistra ma appartiene a tutti noi ed è garantito dalla Costituzione».
Lei dice, quindi, che l’autonomia differenziata non rappresenta un pericolo?
«L’autonomia differenziata è una riforma importante e necessaria e non è una bestemmia, con preconcetti e barricate non andiamo da nessuna parte. Chiariamo: Stato e Ministero continuerebbero comunque a fare da garanti e a ricoprire un ruolo chiave e fondamentale, col vantaggio però di avere meno burocrazia e procedure più snelle. Chi vive ogni giorno l’ospedale sa quanto sia importante un processo di sburocratizzazione ai fini della qualità del servizio.
Ai cittadini dico semplicemente che non bisogna farsi condizionare da chi è solo capace di gridare a lupo a lupo e di trovare nemici e non soluzioni, ma piuttosto affidarsi a chi può concretamente aiutare la nostra sanità a superare le tante difficoltà di oggi».
E in Molise le difficoltà di sicuro non mancano.
«Il problema della sanità nella nostra regione ha retaggi decennali e conosce motivazioni complesse e contorte che vanno anche oltre i problemi locali.
Innanzitutto, la carenza del personale medico che mi vede impegnato costantemente, in prima persona, insieme ai dirigenti aziendali, nel tentativo, spesso vano, di risolverla. Bisogna spingere per cambiare tutto alla radice, visto che molto dipende dalla organizzazione universitaria formativa e dalla necessità di superare un lunghissimo piano di rientro che ci sta penalizzando da troppo tempo. Le priorità? Potenziamento degli ospedali periferici, Termoli su tutti, abbattimento dei tempi delle liste di attesa – con riduzione della burocrazia e assunzione di nuovo personale – e raddoppio dei pazienti in regime di assistenza domiciliare integrata. Meno caccia alle streghe, più scelte concrete. Dobbiamo lavorare duro per proiettarci nel futuro, invece di affrontare con le idee e ideologie del passato temi importanti come questo».
Il suo programma tocca anche molti altri temi.
«Certo, dall’incremento di risorse per l’utilizzo di nuove tecnologie in ambito scolastico e formativo alla spinta decisiva sull’impiego di energie rinnovabili, senza dimenticare l’aumento dei posti di asili nido in strutture pubbliche e l’istituzione di un servizio di psicologia a scuola. C’è poi l’agricoltura sostenibile, quella di qualità e non di quantità, che va valorizzata attraverso una serie di iniziative strutturali. Le mie sono proposte realistiche ma se vogliamo di “rottura”. Siamo nel terzo millennio ma il dibattito politico a volte sembra purtroppo fermo agli anni ‘90. Io voglio portare in Regione rinnovamento, ma anche tutta la determinazione che è figlia di una profonda cultura del lavoro e del sacrificio, tipica di chi vive in corsia eì ha imparato a dedicare la propria vita alla cura degli altri».