Sessant’anni dopo la legge che ne ha sancito l’autonomia dall’Abruzzo, gli indicatori demografici e finanziari sono impietosi e il Molise è a rischio sopravvivenza. Lei si candida per governare una regione che potrebbe dover chiudere i battenti. Perché?
«Perché con la coalizione di centrodestra il condizionale diventerebbe automaticamente attualità: una forza politica che spinge sull’autonomia differenziata, nei fatti, consegna questa terra al declino definitivo. Questa regione è delusa, stremata. Bisogna innanzitutto restituirle la dignità istituzionale che merita. E poi lavorare ad una nuova, competente, seria e credibile classe dirigente».
La legge che attua l’autonomia differenziata – più poteri alle Regioni e quindi maggiori risorse per esercitarli – per molti osservatori penalizza i piccoli territori come il nostro. Per i suoi promotori invece è un’opportunità. Lei cosa ne pensa e cosa farà se verrà eletto presidente?
«L’autonomia differenziata è un qualcosa di anacronistico, visto che è figlia della riforma costituzionale del 2001, quindi di oltre 20 anni fa. Ed è la stessa autonomia che ha portato alla regionalizzazione della sanità, con gli effetti che conosciamo, per esempio, rispetto ai Livelli essenziali di assistenza, dove siamo l’ultima regione italiana. Non credo che il Governo riesca a portarla avanti, visto che sono molto divisi su questo. Ma una cosa è certa: qualora si continuasse su questa strada, noi saremo intransigenti sulla determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni».
Emergenza sanità, le sue proposte.
«Intanto fare in modo che il personale medico partecipi ai concorsi pubblici e accetti gli incarichi. Abbiamo urgente bisogno di avere il personale utile a far funzionare i reparti e questo potrà avvenire non soltanto i medici stranieri ma anche e soprattutto invogliando i nostri medici a lavorare in Molise con incentivi economici in aggiunta ai contratti nazionali.
E poi un Centro prenotazioni unico che integri sanità pubblica e privata, con uno sforzo economico molto limitato e un tempo assai ristretto. In questo modo, controllando la spesa in maniera più agevole e in tempo reale, riusciamo a ridurre notevolmente i tempi delle prestazioni e a migliorare i livelli di accessibilità alle cure per tutti i pazienti».
Altro gap da superare è quello infrastrutturale. Come?
«Una strada a quattro corsie dovrà essere la priorità ma non vendiamo favole: fino a quando sarà realizzata occorreranno almeno 15 anni, e nel frattempo il Molise, soprattutto l’interno, sarebbe già morto. Dobbiamo quindi investire sulla manutenzione dell’esistente per avere maggiore sicurezza sulle nostre strade, anche concertando con Anas un accordo quadro sulle strade oggi di competenza dell’ente regionale. E poi le ferrovie, con un investimento per raggiungere l’alta velocità di Benevento e il ripristino della tratta Termoli-Campobasso, con modifiche al tracciato al fine di renderla più efficiente. Particolare attenzione merita anche il porto di Termoli, sul quale investire così da renderlo un interporto utile per lo sviluppo turistico e commerciale di tutto il Molise».
Potersi curare in Molise, poterci arrivare agevolmente per lavoro o vacanza sono condizioni indispensabili per combattere lo spopolamento. Ma evidentemente questo non basta. Quali azioni propone per invertire il trend?
«Puntare sullo sviluppo. Che vuol dire creare le condizioni economiche e di sostegno necessarie affinché le imprese esistenti resistano e affinché nuovi imprenditori e giovani start up possano investire qui. Con i fondi del Pnrr e con i sostegni all’innovazione tecnologica, possono nascere nuove attività produttive che hanno bisogno di nuove figure professionali. A questo va unito l’investimento in infrastrutture digitali: ridurre il digital divide vuol dire anche favorire processi di sviluppo che aprono ai nostri piccoli centri nuove connessioni lavorative, turistiche sociali».
Focalizziamoci sui giovani che, ad oggi, non “possono” scegliere di rimanere, andare via sembra l’unica possibilità.
«La partita si gioca sull’innovazione e sulla formazione. Un connubio in grado di favorire la crescita delle aziende, anche le più varie, per affrontare le sfide del presente e del futuro. Innovando i processi e favorendo le filiere che valorizzano il nostro know how e il nostro artigianato, riusciamo non solo a creare posti di lavoro per nuove figure professionali, ma anche a rendere le nostre aziende competitive sul mercato nazionale e internazionale».
Molise “industriale” o “green” quindi vocato al turismo e all’agricoltura?
«Esiste una industria sostenibile che riesce a coniugare entrambe le cose. Abbiamo diversi casi di best practice che in questi giorni stiamo incontrando e conoscendo da vicino. Bisogna pianificare, sostenere le realtà virtuose e metterle nelle condizioni economiche e infrastrutturali per investire qui. Questo non esclude affatto la vocazione turistica del Molise. Ciò che è mancato fino ad oggi è stato un investimento strategico e sinergico volto alla valorizzazione, al marketing territoriale, alla messa a sistema di tutti gli elementi di forza della nostra regione: enogastronomia, varietà paesaggistiche che vanno dal mare alla montagna in soli 40 chilometri, percorsi nella natura incontaminata, artigianato locale, piccole attività turistiche che continuano a nascere e resistere nei nostri piccoli borghi, nonostante una politica regionale che non ha mai creato le condizioni migliori per agevolarli. Quanto all’agricoltura, attività centrale della nostra economia ma anche dell’ecosistema molisano, l’agricoltura 4.0 e quindi la spinta all’innovazione dei processi di produzione, può consentire a questo settore di diventare competitivo e non più fragile e marginale come le istituzioni regionali lo hanno sempre considerato».
L’ambiente è una grande risorsa, ma va tutelato. In alcune aree, quelle a ridosso delle zone industriali, da tempo emergono timori e allarmi della popolazione.
«Certo. Non è un caso che nel nostro programma abbiamo puntato non solo sulla pianificazione che consente una gestione mirata di processi di produzione ecosostenibili, ma anche controlli costanti dell’aria, dell’acqua e del suolo, la fine di prevenire e, nel caso, di intervenire in maniera tempestiva nell’interesse della salute dei cittadini».
5 stelle e Pd insieme dopo anni di reciproca opposizione. Perché i molisani dovrebbero dare fiducia alla vostra coalizione?
«Perché abbiamo compreso che la vera grande priorità, ora, è liberare il Molise da un centrodestra che ha mostrato non solo incompetenza istituzionale, ma anche distacco dalla realtà e disinteresse nei confronti del benessere del Molise e dei molisani. Non c’è più tempo da perdere, e come tutte le persone di buon senso che condividono il bene per questa regione, ci siamo messi ad un tavolo unendo le nostre forze, le nostre competenze e i tanti obiettivi comuni. Questa coalizione progressista rappresenta una nuova pagina per il Molise, parla a tutti i cittadini che amano questa terra, a chi vuole fare bene, a chi vuole restare senza più dover cedere ai ricatti clientelari, e anche agli astenuti, ai delusi dalla politica: tanti uomini e donne della nostra colazione sono cittadini che hanno provato la stessa delusione e hanno compreso che scappando, o non prendendo una posizione, si rischia di dare il colpo di grazia al nostro Molise».
In giunta solo assessori eletti o anche esterni?
«Si vedrà dopo. Siamo pur sempre una coalizione».
Quanto conta la filiera istituzionale e quindi quale rapporto instaurerà col governo nazionale?
«Conta solo per qualcuno. Se lavori sodo e sei credibile, ottieni risultati anche con i Governi “non amici”. Campobasso ha portato a casa un risultato importante con la Casa delle Tecnologie emergenti con l’attuale Governo. E poi sarebbe un messaggio davvero pessimo per la credibilità della politica, già in crisi».
27 giugno 2023, lei è il presidente della Regione Molise: la prima cosa che farà.
«Incontrerò la coalizione per pianificare il lavoro che ci attende e che sarà entusiasmante e gravoso».
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