Il giorno dopo le regionali, Antonio Federico si è dimetzzo da coordinatore del Movimento 5 stelle in Molise. Il presidente Conte, però, gli ha chiesto di riflettere e di parlarne in una riunione allargata. L’incontro si è svolto ieri mattina. C’erano anche gli eletti in Regione Gravina, Greco, Primiani, c’erano Manzo (che come Greco è coordinatrice provinciale) e il capogruppo di Campobasso Vinciguerra.
Federico ne è uscito con la fiducia rinnovata dell’ex premier e la convinzione, condivisa seppur con accenti diversi da tutti i partecipanti, che non si può addossare la croce della débacle su una sola persona. «Ma dobbiamo costruire una classe dirigente dal basso, è finito il tempo in cui chiunque si candidasse con noi veniva eletto», ammette Federico. Il brand pentastellato non esiste più.
Il momento è cruciale. L’anno prossimo si vota a Campobasso e voi ci arrivate col fiato cortissimo.
«Abbiamo un anno per riprendere fiato».
Per farlo dovete capire le ragioni di una sconfitta che è stata clamorosa: 95mila voti per il centrodestra e 56mila per il fronte progressista, ai 5s solo il 7%.
«È un risultato fuori misura rispetto alle previsioni e al clima che si era costruito. Perdere era nelle cose, ma non in queste dimensioni».
Perché è accaduto?
«Sicuramente per il meccanismo oliato di presenza sul territorio che è stato descritto nell’intervista da manuale dell’onorevole Patriciello pubblicata il 26 giugno scorso. Parlo, in generale, della capacità del centrodestra di intercettare il consenso. La nostra proposta, al contrario, non è stata convincente, non c’è radicamento sul territorio. Probabilmente, guardi, se il centrodestra avesse ricandidato Toma avrebbe rivinto lo stesso. Magari, solo, non con questi numeri…».
Il tira e molla sulla leadership, nella vostra coalizione, ha sicuramente pesato non poco.
«Siamo arrivati a individuare il candidato presidente un mese prima della presentazione delle liste. C’è stata, certo, una fase di stallo in cui ognuno portava avanti la sua proposta, dove è prevalsa la ricerca del leader sui temi, gruppi che andavano e venivano dal tavolo allungando i tempi del dibattito. Ma per la prima volta i 5s hanno espresso la guida del centrosinistra».
Una scommessa, appunto. Che potevate giocare meglio e comunque alla fine l’avete persa.
«Abbiamo fatto una scommessa e l’abbiamo persa. Per questo il giorno dopo le elezioni ho presentato le mie dimissioni a Conte, che mi ha chiesto una riflessione e una riunione più allargata. Si è tenuta stamattina (ieri, ndr). Ho confermato la volontà di lasciare, non perché sia il portatore esclusivo della sconfitta, ma quando c’è un risultato così negativo ci si deve assumere la responsabilità. Non si può fare finta di niente. Il presidente Conte ha rilevato che non è giusto concentrare la colpa sui singoli, anche perché ci sono stati passaggi corali, scelte anche sue. Perciò mi ha chiesto di proseguire in questo percorso. Gli altri, chi con più “colore” e chi con meno, hanno concordato. Ora però si apre una fase di riflessione profonda che va affrontata in maniera diretta, anche dura. Dalla prossima settimana ci saranno assemblee ampie, a cui Conte vuole partecipare perché è un momento delicato per tutta la comunità 5s».
Nick Di Michele e altri due consiglieri comunali di Termoli hanno lasciato il Movimento e non si escludono ulteriori abbandoni.
«Dispiace che siano andati via senza dir nulla. E dispiace ancor di più sapere che lo avrebbero fatto anche se Nick fosse stato eletto in Consiglio regionale».
Il 7% però è un dato deprimente.
«Il risultato è negativo. Punto. Non sto cercando di nasconderlo o indorare la pillola. Ripeto, dobbiamo riflettere su come i molisani hanno visto il ruolo del politico. Perché, per esempio, il programma del centrodestra che ha vinto in maniera così schiacciante non l’abbiamo neanche mai letto. Ringrazio Conte per la fiducia rinnovata. E ringrazio Robreto Gravina, i candidati e gli attivisti dei 5 stelle che hanno lavorato in questi mesi, Andrea e Angelo (Greco e Primiani, ndr) per il risultato personale. E naturalmente tutta la coalizione. Io sono coordinatore del Movimento, un ruolo non retribuito e che non porta vantaggi. Solo rogne potremmo dire… Ma ho la voglia di continuare e ricominciare seriamente da capo, sui territori. Dobbiamo costruire una classe dirigente dal basso, è finita la stagione in cui chiunque candidassimo veniva eletto. Adesso serve avere consenso personale».
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