Salvatore Micone, Andrea Di Lucente, Stefania Passarelli o Gianluca Cefaratti, Fabio Cofelice. Certezze sulla nuova giunta regionale non ce ne sono ancora. Ma questi nomi sono i più accreditati per un posto da assessore, oltre a un esponente della Lega o comunque indicato da Salvini e dai suoi (alle prese col rebus se indicare nell’esecutivo l’unico consigliere eletto o un esterno).
Il presidente Francesco Roberti è stato chiaro: se cambio solo l’ordine dei fattori il risultato non cambia, ha spiegato ai giornalisti all’atto dell’insediamento. Domenica, a margine della festa per l’elezione della sindaca di Pozzilli (che se nominata nell’esecutivo metterebbe anche al riparo la squadra da eventuali ricorsi per la mancanza di quote rosa), ha ribadito il concetto. Dunque, per i tre assessori uscenti della giunta Toma rieletti si profilano ruoli diversi.
Quintino Pallante, secondo eletto di FdI e in assoluto, è il papabile presidente del Consiglio. Coronamento di quasi 30 anni di mandato in Regione, seconda carica della Regione che ora dura cinque anni. La legge Toma-Micone ha infatti abrogato il passaggio di metà mandato che è stato quasi sempre una staffetta comoda per mantenere gli equilibri interni alle coalizioni (o per cercare di recuperarli). Tutto sommato, a Pallante “poteva andare peggio”…
Nicola Cavaliere, primo di Forza Italia per preferenze (e terzo in assoluto), sarebbe destinato a prendere il posto di Roberto Di Baggio come sottosegretario alla presidenza della giunta. Ruolo che nella passata legislatura è passato da mediatore fra il legislatore e l’esecutivo a “sesto assessore” con la cura di deleghe non certo marginali (per esempio la formazione professionale e l’edilizia) per conto del presidente.
Altre voci interne al centrodestra accreditano per la carica Vincenzo Niro, confermato coi Popolari che però stavolta in Aula hanno portato un solo eletto.
Passando ai “promossi”, tutti gli osservatori sono convinti che Micone, 4.778 voti e uomo forte di Fratelli d’Italia già un mese dopo l’ingresso nella lista del partito, sarà assessore. Per lui si profila, stando ai rumors, la successione a Cavaliere nella sede dell’Arsarp che ospita anche l’assessorato all’Agricoltura. Delega che al governo nazionale è nelle mani di Lollobrigida, cognato e braccio destro della premier Meloni. Un ragionamento di filiera, in tutti i sensi. In Forza Italia sono salite le quotazioni, di pari passo con le preferenze, di Andrea Di Lucente, che si è occupato di digitalizzazione da consigliere delegato. Tra gli uomini di Patriciello, non è ancora detto che l’assessore sia Passarelli. Cefaratti, un mandato alle spalle e profilo leale alla causa, potrebbe esserle preferito per evitare strappi nella squadra dell’eurodeputato.
Poi c’è la lista direttamente collegata a Roberti, che ha portato in Assise due new entry: il direttore del dipartimento di staff dell’Asrem Fabio Cofelice e il sindaco di Petacciato Roberto Di Pardo. La designazione del primo, oltre a rispettare il criterio del consenso eviterebbe di sovra esporre il basso Molise rispetto al resto del territorio.
E anche per l’esigenza di rappresentare Isernia non è fuori dai giochi l’ex presidente Michele Iorio. Quarto eletto fra i meloniani prima antagonista di Roberti per la leadership della coalizione e poi suo primo supporter tanto che fra i due, si dice, un patto ci sarebbe e potrebbe vederlo in giunta o anche presidente di Palazzo D’Aimmo (come qualcuno gli ha anche suggerito). Né è escluso un ruolo importante per Armandino D’Egidio, arrivato terzo in FdI.
Sembra sempre più probabile quella fu presa quasi come una boutade quando su queste colonne ne abbiamo scritto qualche giorno dopo il voto. Roberti sarebbe intenzionato davvero a chiedere agli assessori di dimettersi da consigliere o, al contrario, a portare avanti il mandato solo da inquilini di via IV Novembre. Si recupererebbero in questo modo la funzionalità dell’Assemblea legislativa (entrano i primi dei non eletti e si dedicano al lavoro da consiglieri) e i rapporti con chi è rimasto fuori per poco (o non per molto) rafforzando così la coalizione. Una maggioranza stabile, in cui i 13 voti in Aula non siano praticamente sempre a rischio.
La richiesta di dimissioni farà da sola la prima selezione per l’esecutivo. Servirà fiducia reciproca, fra il presidente e l’assessore, e una buona dose di coraggio per scommettere che il patto fra galantuomini che verrà idealmente siglato durerà cinque anni.
Non è escluso, filtra da ambienti del centrodestra, che più in là la surroga possa essere reintrodotta. La controriforma, rispetto a quanto la maggioranza di Toma (molto simile, negli interpreti, a quella attuale), però potrebbe entrare comunque in vigore solo dalla prossima legislatura.
Mentre ormai Roberti ha solo altri cinque giorni per varare il suo primo esecutivo regionale. Ieri ha incontrato numerosi eletti: Micone, Sabusco, Cofelice. Le idee, trapela, ce le ha chiare. Così come è evidente il rapporto politico forte in particolare con alcuni alleati, in particolare Patriciello. Anche questa, rispetto ai passati cinque anni, è una discontinuità.
ritai