Nei rumors di inizio mandato – a dire il vero la voce ha cominciato a serpeggiare negli ambienti politici appena dopo lo spoglio – Nicola Cavaliere è considerato il “sacrificato” per eccellenza. Non era d’accordo con la candidatura di Roberti a sindaco di Termoli e il primo cittadino, oggi governatore, alle politiche non lo ha sostenuto preferendo tener fede al “patto del Cosib” e votare il senatore di FdI Costanzo Della Porta.
Anche per questo non sarà assessore? «Acqua passata», minimizza invece Cavaliere. Ascolterà stamattina la linea che il presidente eletto ha intenzione di portare avanti, non si sono ancora parlati perché l’ex assessore – campione di preferenze (3.226) di Forza Italia – è fuori Campobasso per qualche giorno di vacanza con la famiglia. Si aspetta di giocare il ruolo che i molisani gli hanno dato, dice però. «In politica contano i numeri e i numeri sono dalla parte dei primi eletti». Altrimenti, chiarisce, vorrebbe dire infischiarsene della volontà popolare.
Un risultato importante, il suo, Cavaliere. Che ruolo si aspetta di giocare?
«Un risultato eccellente costruito negli anni, mattone dopo mattone, privilegiando l’ascolto del territorio e ponendolo alla base delle idee programmatiche. Tutto questo mi ha aiutato a crescere e a dare importanza al dna della politica. Mi aspetto quello che è scritto nelle regole della politica, dove contano i numeri e i numeri sono dalla parte dei primi eletti. Colgo l’occasione anche per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla competizione, le donne e gli uomini, della lista di Forza Italia e delle altre del centrodestra».
Lei mette i numeri sul tavolo…
«I numeri, la conoscenza della macchina amministrativa e la disponibilità ad andare avanti».
Ma il neo governatore ha intenzione di applicare il criterio della discontinuità. Gli assessori di Toma, pare, non saranno anche i suoi.
«Guardi, io so quello che ho letto sul giornale e sugli online, quello che ho ascoltato nei servizi televisivi. Non ho ancora parlato col presidente, ascolterò domani (oggi alla riunione di maggioranza, ndr) le sue intenzioni. Bisogna però capire cosa si intende per discontinuità, che può essere anche un modus operandi diverso, rispetto ai cinque anni passati, di chi guida la barca. Quando in un campionato di calcio professionistico una squadra non va, paga l’allenatore, no? Magari perché fa solo da capro espiatorio, ma è così. Al di là di questo poi, discontinuità può voler dire un programma differente. In campagna elettorale però abbiamo parlato di continuità amministrativa per non far pagare ai settori produttivi un cambio di paradigma (e di schieramento politico quindi, ndr). Sono dati di fatto. Poi c’è questa liturgia della discontinuità, che non è un’idea del solo presidente perché la sento da un anno e mezzo e le prime volte che se ne è parlato Francesco Roberti era sindaco di Termoli».
Si riferisce per esempio all’esigenza di discontinuità posta, credo per primo, dall’eurodeputato Patriciello proprio in un’intervista a Primo Piano?
«Ho letto quell’intervista… Ad ogni modo, gli elettori hanno riconfermato un percorso maturo e oleato. E gli elettori, a mio parere, hanno sempre ragione: quando premiano e quando bocciano. I voti sono l’anima e l’humus della politica, altrimenti sarebbe come dire: bene, ora io sono nel palazzo e di quello che hanno indicato i molisani mi interessa poco. C’è un nuovo modo di fare politica che prescinde dai consensi espressi
e predilige altri criteri? Vedremo. Sarebbe la valutazione, comunque, di presidente eletto dalle liste e dai candidati consiglieri, il sistema elettorale delle regionali è questo. Ripeto, dobbiamo capire cosa si intende quando si annuncia discontinuità. Cambiare percorso, linea? Non mi sembra che il Molise chieda questo, visti i risultati del 25 e 26 giugno».
Ma se il primo eletto di Forza Italia non sarà chiamato a far parte dell’esecutivo, cosa farà?
«In questo caso parlo da semplice consigliere, non sono titolato a esprimermi per Forza Italia. Ascolterò domani (oggi, ndr) la linea del presidente, dopo di che mi auguro che ce ne sia una di partito, che si apra un confronto, una dialettica per giungere a una visione comune all’interno del centrodestra e di Forza Italia».
La vostra giunta non è riuscita ad approvare il bilancio. Non era mai accaduto prima ed è un’emergenza drammatica. Al netto del fatto che la delega era dell’ex presidente Toma, non crede che dovrebbe, insieme ai suoi colleghi assessori, fare ammenda? Una sana autocritica. È anche per questo che la liturgia, come lei la definisce, della discontinuità “attecchisce” nel centrodestra.
«Ci sono state colpe e ci sono stati errori. Situazioni, non solo contabili, in cui all’amministrazione uscente è addossata la responsabilità di non aver raggiunto l’obiettivo. Non mi riferisco solo all’esecutivo ma a tutta la maggioranza perché i consiglieri erano di fatto tutti delegati, ognuno aveva un ruolo e una responsabilità. Rispetto al bilancio, il presidente aveva la delega ed è uno del mestiere. La struttura non è riuscita a elaborare un bilancio che andasse in pareggio per un disavanzo che viene da lontano. Per fortuna poi è arrivata, a maggio, la dilazione con lo “spalmadebiti” grazie all’aiuto del senatore Lotito e agli incontri di Toma. Ma ormai eravamo in campagna elettorale. Quindi, siamo rimasti noi col cerino in mano. Personalmente, poi, io non ho creato problemi nel settore che ho gestito. Il Molise in agricoltura, in termini di impegni e di spesa, è fra le prime Regioni d’Europa. Abbiamo ottenuto 50 milioni in più per il ciclo di programmazione 2023-2027 e rispettato gli impegni col governo e con l’Ue. Non credo di avere ombre di cui dover rendere conto».
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