Sollecitato e organizzato dal neo eletto presidente Roberti, si è tenuto ieri mattina un incontro in videoconferenza – assolutamente interlocutorio, da quanto si apprende – tra i funzionari del ministero dell’Economia e quelli della Regione, che stanno lavorando alla predisposizione del bilancio di previsione. Documento contabile fondamentale per la gestione dell’ente di via Genova. Senza bilancio di previsione, Roberti – il concetto è noto – non può procedere nemmeno alla nomina del suo ufficio di staff (ma questa è la minima conseguenza rispetto, per esempio, alle imprese che da mesi aspettano il saldo delle fatture per le prestazioni rese).
Le notizie trapelate a margine del summit sono in chiaroscuro: confortanti da un lato, dolorose dall’altro.
Il Mef si è detto disponibile ad aiutare il Molise. Ovvero, a mettere sul tavolo le risorse necessarie che mancano al pareggio dei conti. Ma ad una condizione. E qui sono dolori di pancia: la condizione è che la Regione partecipi con una quota parte, che, a meno di miracoli, vuol dire l’ulteriore aumento delle tasse.
Vi è di più. Sembra di capire, infatti, che la disponibilità del governo, oltre ad essere legata alla compartecipazione della Regione, è vincolata ad un altro presupposto, e non potrebbe essere altrimenti: capire a quanto ammonta il disavanzo. Serve un importo preciso, esatto. Serve un numero. Per quanto possa sembrare inverosimile, pare che ieri mattina nessuno abbia saputo fornire una somma definita rispetto alle carenze nei conti. La circostanza non va assolutamente interpretata come una colpa da addebitare a qualcuno. Sono infatti note le difficoltà in cui operano gli uffici di via Genova, soprattutto per la carenza di personale.
I convenuti, tra cui il presidente Roberti e gli assessori in pectore Micone, Cefaratti e Marone, si rivedranno presto con dati e cifre certi.
Il previsionale – almeno ragionando per date e scadenze – era di competenza della precedente amministrazione. Di fatto Toma non ha adempiuto perché è vero che il bilancio lo approvano prima la giunta e poi il Consiglio (con eventuali emendamenti di modifica), ma fondamentalmente lo redigono gli uffici allo scopo preposti. Che non hanno provveduto nei termini previsti per assenza di presupposti. In buona sostanza, non c’erano (e non ci sono) le condizioni per chiudere con i conti in equilibrio. Per rendere più esplicito il concetto, è come se si chiedesse ad una impresa edile di provvedere alla costruzione di una casa di 100 metri quadrati, mettendo a disposizione materiale che potrebbe bastare sì e no a realizzare 50 metri di fabbricato. Tramutato il concetto in cifre, stando alle informazioni fornite nel tempo da maggioranza e opposizione, nel libro mastro di Palazzo Vitale mancano all’appello – euro più, euro meno – circa 140 milioni (solo di disavanzo al 31 dicembre 2021 perché il debito complessivo ammonterebbe a poco meno di 600 milioni).
A maggio scorso, il Consiglio dei ministri, per intercessione dal senatore Lotito a cui aveva chiesto aiuto Toma, ha varato una misura, cosiddetta spalmadebiti, che avrebbe dovuto appunto favorire il Molise nell’approvazione del previsionale. Ma evidentemente anche le buone intenzioni di Palazzo Chigi non sono bastate, tanto grave è la situazione in cui versano le casse molisane.
All’attività di ricognizione tra i tecnici di Mef e Regione, il presidente Roberti sta affiancando quella di mediazione con i partiti per la composizione dell’esecutivo. Prima di arrivare in Consiglio il bilancio dovrà essere approvato dalla giunta.
Il governatore si era dato la scadenza di metà settimana, ma non è escluso che già oggi, al massimo domani, possa varare il nuovo esecutivo.
Nessuna sorpresa – fatte salve clamorose e imprevedibili novità – sui nomi. Fratelli d’Italia, per garantire che fili tutto liscio nell’elezione della presidenza del Consiglio, avrebbe suggerito a Roberti di partire con un esecutivo small, all’interno del quale inserire un eletto per ognuno dei partiti di governo: Fratelli d’Italia, appunto, Forza Italia e Lega. E già qui ci sarebbe qualche intoppo dovuto alla guerra intestina in corso nella formazione che fu di Berlusconi: non solo le ambizioni di Cavaliere che è risultato primo eletto, ma anche Di Baggio che proprio non ne vuole sapere di rinunciare all’idea dell’assessorato. «Roberto (Di Baggio, ndr) – riferiscono dal suo entourage – non solo ha totalizzato oltre 3mila preferenze, ma la differenza con il secondo della lista in ordine di voti è di appena 25 lunghezze. Tale insignificante margine non può essere un discrimine».
Roberti potrebbe dunque concedere qualche altro giorno a Lotito per mettere in ordine le tessere del puzzle e intanto partire con una giunta a tre, ovvero, Micone, Cefaratti e Marone.
Cefaratti perché, anche se non è ancora ufficiale, la civica “Il Molise che vogliamo” avrebbe deciso di puntare sul consigliere uscente, per via dell’esperienza maturata nei cinque anni precedenti. Del resto al neo eletto presidente per uscire dal guado serve una squadra pronta a sostenerlo sin dal primo istante e, quindi, ben edotta sui meccanismi della complessa macchina burocratico-amministrativa.
Se la partenza sarà con una squadra small, il resto della formazione arriverà non appena la nebbia in Forza Italia sarà meno fitta. Quindi, in giunta Di Lucente (senza escludere che Lotito possa decidere di indicare un esterno per non scontentare nessuno) e molto probabilmente un altro eletto di Fratelli d’Italia. E qui gli indizi portano all’ex governatore Michele Iorio.
Resta poi da assegnare la casella di sottosegretario. In pole – e non potrebbe essere diversamente – il leader dei Popolari Vincenzo Niro.
Ricapitolando, small o large, quando la giunta sarà al completo al terzo piano di via Genova siederanno Micone, Cefaratti, Marone, Di Lucente e Iorio. Ovvero, nessun assessore uscente.
E la prima profezia di Roberti si avverò.
lu.co.