Caso chiuso, definitivamente. Tranne Nico Romagnuolo, che non ha inteso ricorrere alla magistratura, i consiglieri regionali defenestrati con l’abrogazione della surroga hanno ottenuto giustizia.
Dopo Antonio Tedeschi, Filoteo Di Sandro e Massimiliano Scarabeo, anche Paola Matteo si è vista riconoscere dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione i diritti negati.
Con ordinanza pubblicata ieri, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ex consigliera regionale, prima dei non eletti nel 2018 della lista Orgoglio Molise. Matteo – si legge in una nota dello studio legale Ruta – Zezza – Romano – era subentrata in Consiglio in virtù del meccanismo della surroga, per prendere il posto di Vincenzo Cotugno, nominato assessore regionale. Il 21 aprile 2020 la surroga degli assessori in Consiglio era stata però cancellata e i consiglieri supplenti erano stati dunque estromessi da Palazzo D’Aimmo.
Dopo due sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Campobasso che le avevano negato il diritto al reintegro, Paola Matteo ha ottenuto dalla Corte di Cassazione l’accoglimento del ricorso curato dagli avvocati Giuseppe Ruta, Margherita Zezza e Massimo Romano, accertandone il diritto a ricoprire la carica a far data dalla nomina di Cotugno e fino alla permanenza di questi in giunta. La sua estromissione dalla carica istituzionale è stata ritenuta, dunque, illegittima, con ogni conseguenza, a questo punto, da azionare sul piano risarcitorio.
La Suprema Corte ha dunque confermato l’orientamento già affermato nei precedenti di Tedeschi e Di Sandro, seguendo il principio di diritto che, per l’assoluta importanza, è stato “massimato” dall’apposito Ufficio, con la seguente massima cosiddetta con fattispecie: «In tema di elezioni regionali, tutte le regole elettorali, ivi comprese quelle sulle cause di incompatibilità, devono essere stabilite prima della costituzione dell’assemblea ed applicate successivamente con il medesimo contenuto precettivo sino al suo rinnovo, ne consegue che l’abrogazione di una causa di incompatibilità non può operare che per il futuro, in relazione alla successiva tornata elettorale, e ciò in quanto l’opposta interpretazione consentirebbe all’assemblea legislativa di modificare “le regole del gioco”, a candidati eletti e cariche ricoperte nominatim, con il rischio, non tollerabile in uno Stato di diritto, di alterare ex post e secundum eventum, la composizione della stessa assemblea (in applicazione del suddetto principio, la Suprema Corte ha affermato che l’elisione dell’incompatibilità tra la carica di assessore e quella di consigliere regionale, disposta dall’articolo 11 della legge regionale Molise n. 1 del 2020, che ha abrogato l’articolo 15 della legge regionale Molise n. 20 del 2017, si applica a far tempo dalle successive elezioni)» (Cassazione 1° marzo 2023, numero 6178 e Cassazione 2 marzo 2023, numero 6317).
Ora la partita per i consiglieri esclusi dall’Assemblea si sposta in sede civile. Se dovessero avere ragione – cosa molto probabile – la Regione dovrà rimborsare i compensi previsti e non erogati. Oltre – e non sono da meno – ai danni subiti (laddove, ovviamente, dimostrati e riconosciuti).

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