I soldi della sanità utilizzati per pagare stipendi e spese obbligatorie della Regione. Non la denuncia di uno spreco, ovviamente, né di abitudini contabili disinibite a Palazzo Vitale. Ma la constatazione della grande difficoltà in cui versa la Regione da mesi, da quando cioè è entrata in “gestione provvisoria”, fase più drastica dell’esercizio provvisorio, perché manca il bilancio di previsione 2023.
C’è una determina della vigilia di Ferragosto a dare il senso di come l’amministrazione è costretta a navigare a vista. Il previsionale non è stato approvato entro i termini, ma non solo. È emerso un disavanzo aggiuntivo di 130 milioni (che intanto è anche lievitato per via di altri debiti fuori bilancio di cui la giunta Roberti ha dovuto prendere atto e di decreti ingiuntivi nel frattempo ottenuti come quello da 15 milioni del Consorzio di Bonifica del basso Molise) che ha impedito di chiudere il documento in pareggio.
Da Roma è arrivata la mini scialuppa del decreto spalma debiti: il deficit può essere ripianato in nove esercizi a partire dall’anno in corso. Ma prima di varare il documento 2023 vanno riapprovati i consuntivi 2021 e 2022 che la Corte dei Conti non aveva parificato (naturalmente correggendoli in base alle indicazioni del collegio di via Garibaldi).
Un ginepraio. Nel frattempo, le bollette e gli stipendi dei dipendenti vanno pagati. Non molto altro e per il Molise non è certo un bene. Sono decine e decine le aziende che attendono liquidazioni da via Genova: fornitori, imprese aggiudicatarie di bandi per investimenti. È tutto bloccato.
E il fondo sanitario resta l’unico salvagente a disposizione. Va da sé che però si sta raschiando il fondo del barile. Il 6 febbraio scorso il responsabile della programmazione finanziaria del servizio sanitario regionale (quindi la Gsa) ha trasferito al bilancio ordinario 20 milioni di euro. A chiederli era stato il collega della Ragioneria generale per «consentire il puntuale adempimento delle obbligazioni da pagare della Regione, evitando danni per ritardi e inadempienza».
Le contabilità speciali, si legge nella determina di restituzione, possono – in base al cosiddetto “principio di utilizzo” – «far ricorso all’anticipazione di tesoreria solo ed esclusivamente in assenza di disponibilità sulle rispettive casse». E a patto di rimettere i soldi a posto appena (prima) possibile. Dal provvedimento non si evince ma è probabile che il tavolo tecnico che sovrintende al piano di rientro dal debito sanitario – e monitora quindi lo stato dei conti della Gsa – abbia segnalato l’anomalia e chiesto che la Regione restituisse il prestito ottenuto per stato di necessità. L’ultima seduta del tavolo c’è stata a metà luglio.
I 20 milioni, attesta comunque la determina della dirigente del Bilancio (che in questo momento è la stessa direttrice generale della Salute Lolita Gallo), sono stati utilizzati anche «per consentire i pagamenti delle spese indifferibili (stipendi, mutui e somme soggette a rendicontazione), nonché per le spese il cui mancato pagamento avrebbe comportato nocumento all’amministrazione».
Un primo acconto, la metà, era stato disposto il 7 giugno scorso. A Ferragosto sono stati restituiti anche gli altri 10 milioni. Con la speranza di non dover lanciare un altro Sos al conto della sanità.
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