Da gennaio 2023 la Regione emette un mandato di pagamento nominativo per ogni ex consigliere titolare di vitalizio o erede che percepisce la reversibilità. Così anche l’ultima determina, che impegna oltre 246mila euro per la mensilità di settembre, elenca tutti i 103 beneficiari. In totale, tre milioni all’anno (2 milioni 954mila e qualche centesimo).
Qui e là nell’elenco (che è consultabile in pagina) fanno capolino importi al di sotto (in un caso al di sopra) dei mille euro: sono le cifre spettanti ai più sfortunati. Eletti a Palazzo D’Aimmo dopo l’eliminazione del vitalizio sancita nel 2011 con legge regionale, si devono accontentare del trattamento contributivo. Le new entry, rispetto a quando poco più di un anno fa Primo Piano ha pubblicato la lista, sono l’ex governatore Donato Toma (573,78 euro), il suo vice Vincenzo Cotugno (1.422,14) e l’esponente dei 5s Vittorio Nola (631,52). Tutti e tre rimasti fuori dal Palazzo nella nuova legislatura (Toma non ricandidato, Cotugno e Nola non rieletti), hanno chiesto l’erogazione dell’assegno previdenziale spettante agli amministratori arrivati dopo la spending review. Da agosto 2022 anche il predecessore di Toma, Paolo di Laura Frattura, è fra i mandati di Palazzo Vitale: a lui spettano 603,37 euro al mese.
Fondamentalmente però dilagano in elenco ancora gli importi dell’età dell’oro. Dai 5.600 euro di Rosario De Matteis e Antonio Di Rocco ai 1.896 di chi ha passato una sola legislatura in Consiglio regionale quando il criterio utilizzato per la pensione era quello retributivo: fra gli altri Florenzio Anniballe, Sandro Arco, Antonino Sozio, Mauro Natalini, Nicola Valentini, Pietro Pasquale.
Ventisei gli assegni di reversibilità staccati per vedove (o vedovi) eredi, 77 invece le pensioni pagate ai diretti titolari. A luglio dello scorso anno gli importi sono stati rivalutati in base agli indici Istat. A conti fatti, il totale a carico delle casse regionali è lievitato di 4mila euro al mese.
Il vitalizio, dal 2020 in poi (in attuazione della legge presentata da Toma e Micone, allora governatore e presidente del Consiglio) pesa un po’ meno (pochi anni fa il conto era di oltre 4 milioni annui adesso scesi a 3) per via della rideterminazione sollecitata qualche anno fa dal governo nazionale attraverso la “minaccia” della drastica riduzione dei trasferimenti e sancita in base a criteri stabiliti in un’intesa fra Stato e Regioni (ricalca quella attuata per i parlamentari). Per il ricalcolo (che ha riguardato pure le reversibilità) si definisce il montante contributivo individuale (che tiene conto della base imponibile e della quota di contribuzione a carico del consigliere negli anni di riferimento) e lo si moltiplica per un coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica dell’interessato alla data di decorrenza dell’assegno. Nella maggior parte dei casi, l’assegno è diventato meno pesante. In altri, invece, in teoria avrebbe dovuto aumentare, ma le norme nazionali e regionali hanno fissato un limite: nel caso il vitalizio reloaded sia più alto, continua ad applicarsi quello precedente.
Anche se in versione riveduta e corretta, il vitalizio resta comunque il privilegio della politica per eccellenza. Lo si può percepire a 60 anni o a 55 con una decurtazione (mentre per la nuova pensione contributiva dei politici servono 60 anni) e anche se si lavora. Non se si ricopre ancora una carica elettiva, però. Ed è l’unico caso in cui il vitalizio non può essere chiesto ed erogato pure in presenza dei requisiti anagrafici. È invece cumulabile con analogo trattamento previdenziale per esempio di Camera e Senato o del Parlamento europeo, oltre che con pensioni lavorative vere e proprie. Un solo mandato in via IV Novembre frutta al minimo 1.896 euro al mese. O 570 se si è stati eletti dopo il 2012. Non una rendita da nababbi ma comunque onorevole. Cinque anni di qualsiasi altro lavoro non renderebbero mai tanto.

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