«Una serata da incorniciare: il presidio della memoria contro un ‘sistema’ che inghiotte differenze e speranze garantendo sé stesso all’ombra della livella del “tanto siamo tutti uguali”». È l’ultimo post pubblicato in occasione della presentazione del libro di Luigi De Magistris dal consigliere regionale Massimo Romano. Il manifesto di un politico tornato nel palazzo dopo dieci anni di assenza, ma che continua a muoversi e parlare come uno ‘fuori’ dal sistema.
Consigliere Romano che effetto le ha fatto tornare in via IV Novembre e in che stato di salute ha trovato l’ente.
«Intanto sotto il profilo politico il rientro in Regione è stato il coronamento di un percorso che, purtroppo, si è interrotto dieci anni fa, quando mi candidai alla presidenza senza il paracadute del proporzionale. Per dieci anni Costruire democrazia è rimasta orfana di una rappresentanza istituzionale che oggi invece ha riconquistato. Quando parlo di Costruire democrazia parlo di una comunità che sostanzialmente ha creduto in una serie di valori e di battaglie, attuali allora ma che lo sono ancora oggi. Siamo rimasti esattamente dove eravamo, con la necessità di continuare a testimoniare, all’interno delle istituzioni, determinate iniziative di cui c’è ancora bisogno. Mi chiede come ho trovato la Regione? Ho trovato una Regione paralizzata con un arretramento sul piano dell’organizzazione amministrativa, perché c’è una carenza di personale quasi drammatica, e una distanza siderale tra quello che succede dentro le mura di palazzo rispetto invece a quello che succede fuori».
Più o meno un anno fa lei escludeva un suo ritorno nel Palazzo. In una intervista a Primo Piano diceva testualmente: non sarò candidato consigliere, ma su altri tipi di ruoli e impegni non mi tiro indietro. Cosa le ha fatto cambiare idea nel frattempo?
«Abbiamo rilanciato il percorso di Costruire democrazia in un momento ben preciso: il 25 aprile scorso, simbolica anche la scelta della data, abbiamo ufficializzato la nostra partecipazione alle elezioni regionali con l’ingresso di figure autorevoli nel movimento. Lo abbiamo fatto nel momento in cui il tavolo del cosiddetto centrosinistra sembrava quello di una seduta spiritica, dove c’erano candidati che non si materializzano e si parlava di nomi e non di cose da fare. Tutto questo ha determinato la necessità di rimarcare una nostra presenza. Mentre dall’altra parte si assisteva alla messa in scena, alla quale gli elettori hanno poi abboccato, di un centrodestra che faceva opposizione a se stesso ricandidando però tutti gli uscenti del governo Toma, ad eccezione di Toma, e conducendo una battaglia all’insegna della discontinuità. Tutto ciò ha determinato la necessità di rimarcare una nostra presenza, di partecipare con la lista Costruire democrazia per riproporre innanzitutto il tema della sanità in modo chiaro, leggibile e dicendo cose che nessuna altra forza politica ha mai avuto il coraggio di dire.A partire dall’interdittiva antimafia che ha colpito una delle società del gruppo Neuromed (interdittiva revocata dalla stessa Prefettura che l’aveva emessa, che ha evidentemente ritenuto estranea ai fatti la società rispetto ad una serie di contestazioni mosse, ndr) e la questione dei rapporti tra la Regione e Responsible (ex Cattolica). Una partecipazione dettata poi dalla necessità di fare sintesi nel centrosinistra che poi si è trovata sul nome del sindaco di Campobasso.
A trattative inoltrate Costruire democrazia stoppa la candidatura di personaggi calati dall’alto, sponsorizzando invece figure competenti sul piano amministrativo. Il giorno dopo Gravina riceve l’ok di Schlein e Conte. Ma il responso delle urne è impietoso: la sconfitta del centrosinistra va al di la delle più nere previsioni. Una debacle che ancora oggi, a quattro mesi da quel verdetto nefasto, non ha responsabili se è vero come è vero che nessuna testa è saltata.
«È stata una catastrofe elettoralmente della quale mi assumo la responsabilità per aver accettato la figura di Roberto Gravina, ma io credevo e continuo a credere che l’esperienza istituzionale-amministrativa non sia un dato dal quale si può prescindere per candidarsi alla presidenza della Regione. E l’ex sindaco di Campobasso – figura fino a prova contraria non chiacchierata e che non può essere tacciata di aver fatto disastri sul piano amministrativo – credevo, e credo, fosse l’espressione politico-istituzionale migliore per quel ruolo. Dopodiché tra la delineazione e le urne c’è di mezzo anche la campagna elettorale, ci sono di mezzo tante vicende. Il risultato comunque è lì e non possiamo non prenderne atto, ma oggi, a metà ottobre, è storia del passato. Bisogna guardare avanti e costruire per non sbagliare ancora. Tuttavia il dato di fondo che io voglio disfare, politicamente parlando, è che si parla della sconfitta del centrosinistra ma non si sta affrontando un altro tema che arriva dalla stessa classe dirigente di cinque anni fa, e cioè di tutti i disastri che ci sono oggi di cui sono responsabili chi ha amministrato per cinque anni e oggi fa la parte della vergine immacolata».
Gente che però ha vinto le elezioni e ha un ‘regolare’ mandato popolare per governare.
«Non v’è dubbio. Ma quando sento che si andrà ad approvare una manovra finanziaria e che si andranno a mettere le mani nelle tasche dei molisani per i debiti che si sono ereditati dal passato, come esponente politico ho il dovere di evidenziare che quei debiti di cui oggi si parla, e che sono causa del dover rimettere le mani nelle tasche dei molisani, sono sta creati da quegli stessi che oggi si candidano per risolverli. Mi fa specie che ci sia questo prendere le distanze dal passato e chi lo sta facendo sono gli stessi che quel passato l’hanno determinato. Tutto qua».
A primavera l’appuntamento con le amministrative, si vota a Campobasso e Termoli. Lei prima diceva «non bisogna sbagliare», cosa?
«Posso dire cosa farà Costruire democrazia: nei prossimi giorni avvieremo una fase costituente di consolidamento del movimento e radicamento sul territorio, e saremo presenti sia alle comunali di Campobasso che a quelle di Termoli. Come? Continuando ad attenzionare temi che spesso ci vedono in splendida solitudine, perché riteniamo che vadano posti necessariamente all’attenzione delle priorità dell’agenda politica».
C’è insomma il rischio che ognuno vada per conto proprio. Le europee certo non aiutano e poi, per dirla con Conte, forse pure in Molise manca la figura di un federatore.
«Il centrosinistra nazionale oggi non aiuta alla costruzione di un perimetro. La circostanza che le amministrative si terranno in concomitanza con le europee, dove si vota con il proporzionale, non crea un tema ulteriore in termini di coalizione. Ma con estrema chiarezza e per non girarci intorno ritengo anche che i partiti tradizionali non mi pare stiano offrendo uno spaccato di reale alternativa rispetto al governo Meloni. Stiamo molto indietro rispetto alla costruzione di un fronte credibilmente alternativo rispetto al centrodestra e questo potrebbe avere ripercussioni anche sulle amministrative dove, però, c’è il vantaggio del doppio turno e, quindi, la possibilità di giocarsela eventualmente con le proprie individualità lasciando però impregiudicata la possibilità di ricostruire la coalizione al secondo turno».
Se le chiedessero di fare il candidato sindaco di Campobasso?
«Mi sono candidato già nel 2009. Oggi abbiamo professionisti di assoluto livello che possono essere spendibili su Campobasso».
Sono trascorsi quattro mesi dal voto, ancora pochi per azzardare un giudizio sull’amministrazione Roberti?
«I primi atti raccontano che hanno poche idee e pure confuse. Basta considerare quello che si verificato sulla vicenda del Roxy che segna l’ennesima inconcludenza della politica molisana. Il governo di centrodestra sta a un punto di non ritorno nel senso che attende che il governo centrale dia risposte alle promesse fatte in campagna elettorale. L’eventuale sostegno del governo Meloni è comunque condizionato ad un aumento della pressione fiscale, e allora non credo ci voglia un governo amico per aumentare le tasse a tutti i cittadini molisani. Comunque nelle prossime settimane capiremo se la giunta Roberti darà delle risposte o se invece sarà una riproposizione della giunta Toma».
Roberti ha annunciato che farà affidamento sui centri privati per smaltire, nel giro di tre-quattro mesi, le liste di attese. Intanto riapre la camera iperbarica di Larino grazie agli anestesisti dell’ex Cattolica. Se toccasse a lei decidere, cosa farebbe per tirare la sanità fuori dalle sabbie mobili?
«La situazione è gravissima e richiede interventi immediati, non i proclami. Innanzitutto la riorganizzazione del comparto dell’emergenza-urgenza, a partire dalla rete delle malattie tempodipendenti. Oggi abbiamo un sistema letteralmente assurdo, nel quale le prestazioni neurochirurghe e cardiochirurghiche sono state attribuite in regime di monopolio a strutture private, sprovviste di Pronto soccorso, che non garantiscono la presa in carico del paziente. In secondo luogo, riscrivere il rapporto con gli erogatori privati, la cui consistenza in termini di posti letto e di budget è tarata sull’utenza extraregionali anziché sulle esigenze dei pazienti molisani, con la conseguenza che assorbono un numero esorbitante di posti letto ultraspecialistici per pazienti di altre regioni che vengono sottratti alle cure ordinarie per i molisani. Inoltre, continuiamo a fare da banca ai due grandi erogatori privati anticipando decine di milioni di euro di budget per utenti extraregionali. Infine, razionalizzare l’organizzazione sanitaria pubblica, privilegiando la qualità del servizio alle rivendicazioni territoriali. Su tutto questo, purtroppo, al momento c’è il vuoto, di idee e di iniziative, forse per non scontentare i soliti noti e lasciare tutto com’è».

alessandra longano

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