A voler ironizzare si potrebbe dire in futuro che “quando a presiedere il Consiglio era Quintino Pallante le sedute cominciavano in orario”… come si diceva dei treni nel ventennio. Ma nel 2023 non è facile, come era negli anni 30 far partire un convoglio puntuale, avviare i lavori di un’Assemblea legislativa all’orario stabilito.
Ironia a parte, è un tratto distintivo del nuovo capo di Palazzo D’Aimmo, notato e apprezzato pubblicamente anche dai consiglieri di minoranza, quello del rispetto delle regole, anche di quelle minime, nella conduzione dell’Assise.
Esponente storico di Fratelli d’Italia, Pallante ha appena rinnovato la carica del segretario generale dell’Assemblea. «Ringrazio Sandra Scarlatelli, una dirigente assolutamente capace. Con Claudio (Iocca, ndr) c’è però un collaborazione che va avanti da tempo, un’intesa di lungo corso. Per anni l’ho avuto come mio direttore generale (Pallante è stato più volte assessore, ndr). E sono comunque convinto che una certa turnazione giova nella pubblica amministrazione».
Ogni lunedì riceve insieme ai capigruppo e ai consiglieri parti sociali: aziende, sindacati, associazioni che protestano. Una camera di compensazione che punta a calmare eventuali dissensi popolari?
«È uno dei miei obiettivi di mandato che sono soddisfatto di aver subito onorato. Volevo cioè portare
il Consiglio fuori dallo schema che lo vedeva solo come il terminale delle proteste. Ritengo che abbiamo impresso una svolta sostanziale perché le persone interloquiscono con noi adesso. Abbiamo istituzionalizzato un giorno dedicato all’incontro e tutto ciò è stato accolto in maniera favorevole. Solo questo lunedì abbiamo dovuto saltare l’appuntamento perché ero in Sardegna per l’assemblea della Conferenza dei presidenti e poi quella dell’Arlem, che riunisce amministratori euromediterranei».
Come altri presidenti che l’hanno preceduta, punta a valorizzare il ruolo del Consiglio. Nessuna novità…
«Le do ragione in questa che immagino sia una sana provocazione. E le aggiungo che i Consigli sono in secondo piano ovunque. Faccia mente locale: al Festival delle Regioni di Torino c’erano solo i presidenti di giunta, che certamente hanno un ruolo politico e di rappresentanza di assoluto rilievo. Ma i Consigli hanno il compito di legiferare, di programmare. Come ha detto il Presidente Mattarella, serve un nuovo ruolo per le Assemblee legislative. Mi viene in mente un altro aspetto su cui si sta impegnando il ministro Calderoli. Ne abbiamo parlato anche in Sardegna con i colleghi. Negli ultimi anni è esploso il contenzioso fra lo Stato e le Regioni in termini di impugnativa delle norme. O pensi anche alle contestazioni delle Corti dei Conti regionali che non parificano singoli capitoli dei bilanci. Senza una verifica ex ante degli atti e solo con quella ex post, si rischia il cortocircuito. Calderoli vuol codificare la procedura e rendere il rapporto tra lo Stato e le Assemblee legislative collaborativo».
Concretamente come si fa a recuperare la scena che oggi è appannaggio degli esecutivi?
«Bisogna restituire alle Assemblee la centralità che hanno perso interloquendo con i cittadini e portando avanti iniziative di programma e legislative immediatamente percepite come risolutive e non come terminale dello scontento. In questa legislatura abbiamo un Consiglio composto da amministratori esperti, sia in maggioranza sia in minoranza. Anche i nuovi innesti sono stati sindaci o già assessori. Mi dispiacerebbe molto che questa Assise continuasse a “beccarsi” solo sulle mozioni. Sarebbe un terreno di scontro che non produce nulla. Anche perché è molto importante che il governo nazionale ci abbia messo a disposizione un contributo per ripianare il disavanzo ma quei 20 milioni all’anno sono fortemente condizionati. Non è un aiuto a fondo perduto, siamo sul filo di lana fra il potercela fare da soli e il non potercela fare da soli. Questo vuol dire che le risorse le dobbiamo utilizzare al meglio. Penso a una riorganizzazione degli enti strumentali: quelli significativi e che incidono li dobbiamo mettere in condizione di lavorare. Viceversa, quelli che sono visti come qualcosa che produce benefici li dobbiamo comprimere. E poi serve personale, dopo l’approvazione del bilancio vanno portate a termine le iniziative assunzionali che erano state avviate».
Sul bilancio sta per partire la maratona.
«Sì. Intanto dobbiamo sistemare i documenti contabili relativi all’anno scorso e credo che questa fase si chiuderà nel giro di 15-20 giorni. Spero che tutti i colleghi vorranno utilizzare il tempo al meglio…».
A proposito, avete ridotto i tempi di intervento in Aula.
«Non è assolutamente una compressione del diritto alla parola, per carità. Anzi, la decisione è presa nell’ottica di affrontare più temi. Nell’ultima seduta sono stati discussi tutti i sei punti all’ordine del giorno, non ricordo da quando non accadeva. E poi non c’è nulla che non si possa spiegare in 15 minuti in maniera esaustiva e poi in 5 minuti per le dichiarazioni finali».
Un primissimo bilancio, il suo da presidente, che sembra soddisfarla.
«Tutte queste cose messe in cantiere sono per me come un bozzolo, spero che possa uscirne una farfalla.
Quante volte nell’immaginario collettivo si contesta l’utilità del Consiglio regionale? Dobbiamo tornare con l’Abruzzo, si sente ripetere. Sarebbe distruttivo. Però l’illusione che facendo sparire il Molise e andando con un’altra Regione si possa stare meglio è dovuta al fatto che ci si vuole liberare di qualcosa che si considera inutile. Dobbiamo concretamente eliminare questa percezione».
“Stiamo” per compiere 60 anni tra l’altro.
«In questi giorni ho scritto al Presidente Mattarella chiedendogli di partecipare al 60° anniversario dell’istituzione della Regione. Sarei molto contento se il Molise potesse accogliere il Capo dello Stato, un evento straordinario anche per ridare valore e contenuto all’autonomia».
È fiducioso?
«Guardi per ora non ho avuto ancora nessuna risposta. Ma l’invito è partito negli ultimi giorni, aspettiamo. Ripeto, sarebbe importante la presenza di Mattarella agli eventi celebrativi. Altra cosa di cui ho cominciato a parlare con i capigruppo e su cui devo avere conferma da Roberti, ma sono sicuro che il presidente sarà sensibile a questo tema, è la mia idea di realizzare gli stati generali della sanità. Una “camera di ascolto” complessiva e non parziale. Arrivano in Aula tante problematiche: che succede all’ospedale di Agnone? E per l’emodinamica? Invece abbiamo bisogno di parlare, per qualche giorno in maniera pianificata, della sanità tenendo conto delle risorse a disposizione e della situazione della nostra regione, dei nostri paesi. Associazioni, volontariato, medici, cittadini, istituzioni: insieme dobbiamo pensare a un modello diverso da quello che abbiamo dovuto presidiare. La rincorsa dell’emergenza non ci porta da nessuna parte. La sanità va riorganizzata con un salto di qualità, con l’utilizzo delle tecnologie e pensando a come sarà il Molise da qui a 40 anni».

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