Con 112 voti contrari, 26 favorevoli (Lega e Italia Viva) e tre astenuti della Svp, mercoledì il Senato ha bocciato l’emendamento presentato dalla Lega al Decreto Elezioni sul terzo mandato per i presidenti di Regione. Ma a pochi minuti dall’inizio della seduta la Lega aveva presentato un altro emendamento per escludere i ballottaggi nei grandi Comuni (al di sopra dei 15mila abitanti) qualora uno dei candidati in gara raggiungesse il 40% dei voti. Poi, su richiesta del relatore del Decreto, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia, il Carroccio ha trasformato l’emendamento in ordine del giorno. Meno impegnativo e soprattutto dal punto di vista formale meno faticoso. Odg approvato dall’Aula senza il voto delle opposizioni.
Le frizioni tra il partito della Meloni e quello di Salvini sono evidenti. Ma da Fratelli d’Italia gettano acqua sul fuoco: «Sul terzo mandato nessun imbarazzo – afferma il senatore molisano Costanzo Della Porta – perché abbiamo sempre votato alla stessa maniera».
Il Decreto Elezioni «interviene positivamente su molti argomenti – ancora Della Porta – e rende più partecipato il voto dell’8 e 9 giugno prossimi. La parte più importante di questo provvedimento – secondo il senatore di San Giacomo degli Schiavoni – è il voto per gli studenti fuorisede, un passo fortemente voluto dalla destra che oggi finalmente diventa realtà».
Impietoso il giudizio di Della Porta sulle opposizioni: «La sinistra ulula alla luna sui nostri provvedimenti – afferma – ma solo perché non è stata in grado di metterli in campo quando era al governo e in questo Decreto non vi è nulla di vergognoso da dover sanare. Anzi, si avvicina la partecipazione dei cittadini al voto, anche aumentando lo stanziamento dei fondi per i seggi. Con questo Decreto, insomma – conclude il senatore – , si danno più regole ed è per questo che il nostro voto è stato convintamente a favore».
Il provvedimento, approvato dal Senato con 79 voti a favore, 39 contrari e sei astenuti ora passa al vaglio della Camera.
Sono numerose le norme che introduce: per la prima volta alle europee si vota di sabato e domenica; accorpamento delle elezioni amministrative con quelle europee; stop al limite dei mandati per i sindaci dei piccoli comuni; voto nelle città di domicilio temporaneo per gli studenti fuorisede.
Voto di sabato: alle prossime elezioni europee si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno. I seggi resteranno aperti il primo giorno dalle 15 alle 23 e il secondo dalle 7 alle 23. Lo spoglio inizierà subito dopo la chiusura delle urne.
Election day: in concomitanza con le europee si svolgeranno le amministrative in oltre 3.900 comuni, di cui 56 molisani (36 in provincia di Campobasso e 20 in quella di Isernia).
Province: le elezioni degli organi delle Province slittano al 29 settembre.
Fuorisede: alle europee di giugno, in via sperimentale, gli studenti fuorisede potranno votare nel comune di temporaneo domicilio, se esso si trova nella stessa circoscrizione elettorale; se i fuorisede sono in un’altra circoscrizione elettorale, allora possono votare nel capoluogo di regione. In entrambe le situazioni vengono allestiti appositi seggi.
Mandati dei sindaci: nei comuni sotto i 5mila abitanti i sindaci non avranno più alcun limite ai mandati (finora il limite era fissato a tre mandati); nei comuni tra 5mila e i 15mila abitanti il limite attuale di due sale a tre. Nei comuni oltre i 15mila abitanti rimane il limite dei due mandati.
Firme per liste alle europee: sono esenti dalla raccolta delle firme per presentare le liste alle prossime europee tutti i partiti che abbiano un gruppo parlamentare nel Parlamento italiano o che abbiano almeno un eletto, purché abbiano presentato il proprio simbolo alle elezioni. Sono esentati anche i partiti aderenti ad uno dei gruppi europei (Ppe, Pse, Verdi, etc) che abbiano nel Parlamento europeo un deputato eletto nelle circoscrizioni italiane. Per i partiti o movimenti non esentati, il numero delle firme necessarie per presentare le liste è stato dimezzato.
Firme per le elezioni regionali: sono esentati dalla raccolta delle firme per presentare liste alle elezioni regionali i partiti presenti in almeno uno dei rami del Parlamento.
Ineleggibilità nelle Regioni: sono ineleggibili nei Consigli regionali non più i dipendenti delle stesse Regioni, come era sinora, ma quelli che «svolgono funzioni e attività amministrative».

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