Ve lo ricordate lo spot del gelato Maxibon? 1995, estate. Uno Stefano Accorsi “in erba” attacca bottone in un lido con due belle ragazze. E pensando siano straniere si gioca tutto con un maccheronico “tow gust s megl che one”. Salvo scoprire che sono più emiliane di lui.
Trent’anni dopo, una carriera decollata alla grande con “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” (e sì anche “L’ultimo bacio”), l’ex compagno di Letitia Casta, suggella il successo con la serie biopic su Guglielmo Marconi. Mentre a Campobasso, via IV Novembre, incredibile ma vero, lo parafrasano ancora: “tow sottosegretari is megl che one”.
Andrebbe raccontata in maniera più arcigna di così, diranno gli oppositori del governo Roberti (e non solo). Ma è vero che le motivazioni addotte dalla maggioranza di centrodestra che governa la Regione per l’istituzione di un secondo sottosegretario si possono racchiudere – politicamente, tatticamente e amministrativamente, comunque la si voglia leggere – alla fine tutte con: due sottosegretari sono meglio di uno.
Via libera dalla sola maggioranza, dato messo in risalto con l’appello nominale chiesto dalle opposizioni, alle modifiche allo Statuto già approvate in prima lettura a marzo. Adesso il ddl è legge. Appena dopo la promulgazione, il governatore Francesco Roberti potrà affidare a Roberto Di Baggio l’incarico già ricoperto da Vincenzo Niro. Il testo prevede anche altri aggiustamenti alla Carta della Regione, istituzionalizza per esempio la figura del consigliere delegato e reintroduce il Garante per l’infanzia e l’adolescenza. Ma è la possibilità di nominare due sottosegretari che ha calamitato da mesi l’attenzione nel dibattito in via IV Novembre.
Da Pd, 5s e Costruire democrazia ieri sono state ribadite tutte le critiche già espresse. «La modifica dello Statuto regionale per istituire il secondo sottosegretario è una porcheria istituzionale che segna il livello più basso della politica locale e il punto di non ritorno dell’era Roberti», ha tuonato Massimo Romano (Cd). «In questo momento la classe dirigente molisana dovrebbe avviare urgentemente una strategia politica e istituzionale nei confronti del governo volta a scongiurare gli effetti devastanti dell’autonomia differenziata, a salvare l’organizzazione sanitaria dal cappio del commissariamento e del Balduzzi, a denunciare lo scippo del credito d’imposta sulle zone Zes o lo schiaffo in faccia rimediato sulla Gigafactory (dopo decine di foto di passerelle inutili al Ministero).
E invece discutiamo del secondo sottosegretario: il livello del dibattito è quello del bar dello sport», ha aggiunto.
Sulla stessa lunghezza d’onda Fanelli, Salvatore, Facciolla (Pd). Così anche Gravina, Primiani e Greco (5s). «A un anno esatto dall’insediamento della Giunta Roberti, il centrodestra viene ancora una volta allo scoperto: questa maggioranza non ha alcuna intenzione di risolvere i problemi dei molisani. L’unica preoccupazione che accomuna i membri dell’esecutivo è aumentare le poltrone, è autoconservarsi in vista dei prossimi appuntamenti elettorali».
Barricate, dunque. Ma che non sono bastate a fermare il centrodestra. Dai banchi della maggioranza nessun intervento. A margine della seduta, il presidente Roberti ha ribadito la posizione dello schieramento. «I problemi di questa regione, che noi stiamo affrontando ogni giorno, vengono da un passato in cui il centrosinistra non è esente da colpe. Parliamo di sanità? Allora parliamo del Balduzzi, esempio lampante del fatto che se nelle commissioni e in Conferenza Stato-Regioni la Regione non fosse stata assente, ma presente con un sottosegretario o un consigliere delegato a difendere gli interessi del Molise ora non avremmo i problemi che ben conosciamo». La riforma, ha concluso, mira solamente ad aumentare la funzionalità della macchina amministrativa.
Rinviato ancora una volta, invece, il secondo punto in agenda: la rielezione da parte del Consiglio (prima che scattino i poteri sostitutivi del presidente dell’Assemblea Quintino Pallante) del Garante dei diritti della persona. Pare non si sia trovata la quadra in maggioranza. Fra i nomi che circolano per la successione a Paola Matteo (la cui designazione è stata annullata dalla magistratura amministrativa) quello di Michele Colavita, dirigente regionale in pensione che alle Politiche sociali ha lasciato un ottimo ricordo.

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