Un anno dopo la sconfitta sonora rimediata alle regionali, il centrosinistra in Regione assapora il colpaccio. Propone il referendum sulle modifiche allo Statuto volute dal governatore Roberti (primo firmatario della proposta di legge) che introducono il secondo sottosegretario. Referendum senza quorum. Vincono i sì o i no, indipendentemente da quante persone si recheranno alle urne. Il fronte progressista conta di vincerlo, fa mostra di ottimismo e sentenzia: i molisani in questa battaglia stanno con noi e lo dimostreranno, l’idillio con questa amministrazione regionale è finito.
Al referendum, assicurano gli eletti delle minoranze, stavano già pensando e qualcuno ci stava lavorando (Facciolla lo ha annunciato in Aula nel dibattito della seconda e definitiva approvazione del testo da parte del Consiglio; Romano stava monitorando la pubblicazione sul Burm e venerdì 26 luglio si è accorto della promulgazione sul Burm inviando una diffida ai vertici della Regione). Poi lo scivolone, la promulgazione appunto invece della pubblicazione con l’espressa indicazione che entro tre mesi un quinto dei consiglieri o un cinquantesimo degli elettori possono chiedere il referendum. Una pagina non bella su cui il presidente Roberti, che è il firmatario delle pubblicazioni e promulgazioni di leggi ma ovviamente gli atti e gli adempimenti sono seguiti e formalizzati dalle strutture del Consiglio e della giunta, ha annunciato di voler avere e fare chiarezza: chi ha sbagliato, in sintesi il suo pensiero divulgato alla stampa in risposta al capogruppo 5s, se ne assumerà le responsabilità.
Andrea Greco, infatti, lunedì rese noto lo scivolone, dicendosi convinto che era stato un tentativo di blitz. «Il centrodestra – ha confermato ieri mattina in conferenza stampa – pensava davvero di poter procedere alla nomina di un secondo sottosegretario e dei consiglieri delegati dopo l’approvazione delle modifiche. Così non è. C’è una legge, la 36 del 2005, che disciplina il referendum previsto dall’articolo 123 della Costituzione. Roberti e i suoi adesso saranno costretti a tornare indietro oppure saranno i molisani a bocciare il loro operato».
È la prima volta, ha evidenziato dal Pd Micalea Fanelli, «che si arriva a immaginare un’azione politica del genere per cui chiediamo il sostegno dei cittadini. Noi siamo compatti contro l’unica riforma che questa maggioranza ha portato in Aula solo per sanare con una nuova nomina da sottosegretario per sanare una frattura interna».
Da quando si è aperta la legislatura, ha rincarato la dose la collega Alessandra Salvatore, «il Consiglio ha discusso sempre atti presentati da noi esponenti di opposizione. Fatta eccezione per questa “riforma” che ci dà la possibilità di lavorare nell’interesse dei molisani. Chiederemo che la consultazione venga accorpata con quella sull’autonomia differenziata».
Insieme all’aumento dell’Irpef l’altro eletto dem Vittorino Facciolla identifica con questa operazione l’azione del governo Roberti. «E pensate che se non riusciremo nell’intento di un election day questo passaggio costerà qualche milione di euro ai molisani. Il che dovrebbe indurre il centrodestra a un atto di responsabilità». Il passo indietro, in poche parole. «Noi siamo certi che i molisani sapranno respingere questa idea di imporre le scelte dall’alto».
La Regione, ha chiuso il cerchio il candidato presidente dei progressisti Roberto Gravina, proprio non potrebbe permettersi altri esborsi: «Finora la maggioranza è andata in tutt’altra direzione rispetto al contenimento dei costi imposto dall’esigenza di ridurre il disavanzo. Anche le difficoltà di ieri (l’altro ieri, ndr) sui rendiconti 2022 e 2023 sono legate a questo. Pensavano di poter utilizzare i 20 milioni che arrivano da Roma ogni anno anche per il 2022 ma la legge è chiara, il contributo parte dal 2023. Se cambiano questa riforma e tornano indietro, risparmiamo soldi». Gravina ha anche annunciato che presto presenterà un ddl per disciplinare la partecipazione popolare al processo legislativo regionale: quindi petizioni e proposte di referendum consultivi e abrogativi (iniziativa che nella scorsa legislatura era stata avviata dai 5s Fontana e Greco).
La consultazione che invece il centrosinistra propone oggi è confermativa, o anche detta “costituzionale”. Per intenderci, il referendum che “non confermò” la riforma Renzi nel 2016 bocciando l’allora premier del Pd e portando alla caduta del suo governo. Si recò a votare il 69% degli italiani, ma se anche fosse andato solo il 34% (come era avvenuto per il referendum sulla famigerata riforma del Titolo V nel 2001, e per inciso vinsero i sì) il responso delle urne sarebbe stato valido. Questo tipo di referendum infatti non prevede quorum (per la Costituzione e, in analogia, per gli Statuti regionali).
Sia Greco sia Massimo Romano si sono soffermati ieri sul tipo di consultazione e sulla mancanza di un quorum perché una previsione statutaria invece ne fa menzione (ma si riferisce ai referendum abrogativi di leggi e regolamenti regionali). In questo caso se i molisani che si recheranno alle urne, pochi o tanti che saranno, confermeranno il testo delle modifiche Roberti potrà nominare un secondo sottosegretario (il designato è il forzista Roberto Di Baggio), altrimenti no.
«Ma la questione politica è enorme rispetto a quella tecnica. Con questo referendum possiamo seppellire la politica del Marchese del Grillo. Abbiamo provato in tutti i modi nei passaggi in Commissione e poi in Aula a far recedere il centrodestra da questo disegno. Lo Statuto non si può piegare a contingenze da regolare con norme ad personam, ma non c’è stato verso. Tra l’altro questo è il primo atto della legislatura a firma del governatore Roberti. Ognuno, per carità, ha le proprie ambizioni. Se queste sono secondo lui le priorità del Molise, un nuovo sottosegretario, non sono certo le nostre».
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