Mai stato amore fra il governo Meloni e Stellantis. Nelle ultime settimane però il barometro del rapporto segna burrasca. Che tiri brutta aria lo si capisce anche dal fatto che in un tranquillo pomeriggio di agosto, quando l’unica preoccupazione è per la pioggia prevista (più che una preoccupazione vista la siccità è una speranza), arriva alle redazioni una dichiarazione di fuoco del senatore di Fratelli d’Italia Costanzo Della Porta. Serio interprete della linea di partito ma di solito indossa un bel guanto di velluto. Ieri no, se lo era tolto.
«Lo stabilimento Stellantis di Termoli sarà oggetto della cassa integrazione che riguarderà 395 operai e 25 impiegati. Pertanto, mentre la governance dell’azienda, a cominciare dall’amministratore delegato Tavares, incasserà dei benefit straordinari, le famiglie degli operai dovranno patire la decurtazione della retribuzione. In tutto questo – l’altra stoccata del parlamentare – si aggiunga il silenzio della Cgil intenta a raccogliere le firme contro l’autonomia differenziata che non nuoce in alcun modo ai lavoratori e nulla invece dice sulle scelte improvvide di Stellantis che pesano come un macigno sulle spalle dei lavoratori anche dello stabilimento di Termoli».
Palazzo Chigi e la sua maggioranza, segnatamente il segmento più grande, a settembre si aspettano una risposta chiara e definitiva da Stellantis e da Acc, la società nata nel 2020 per convertire la produzione automobilistica all’elettrico e realizzare tre Gigafactory in Europa. Una risposta chiara sulla terza factory per la realizzazione di batterie, quella di Termoli (in Francia ha già aperto i battenti e l’altra è prevista in Germania). Anche perché i 256 milioni che lo Stato italiano investe nel progetto sono a valere sul Pnrr e il tempo per impegnarli sta scadendo.
Il brusco stop è ormai cosa fatta: il rallentamento del mercato dell’elettrico ha indotto Acc a frenare su Termoli. Il timore non detto o al momento sussurrato è che la Gigafactory a Rivolta del Re non ci sarà. Ma se anche così fosse, Stellantis dovrà chiarire cosa e per quanto tempo produrrà ancora in Molise (e a cascata negli altri siti italiani). All’ultimo tavolo il ministro Urso, da quanto è trapelato al di là delle posizioni ufficiali, è stato categorico. E i vertici della Regione sono sulla stessa lunghezza d’onda. Il polo dell’automotive per l’economia molisana è vitale.
Non è un caso, dunque, la presa di posizione di Della Porta. Segna la fine delle ferie istituzionali e manda un messaggio chiaro a Stellantis, attaccando la sua governance su un punto che ha portato l’ad Tavares nel mirino dei giornali vicini al governo (Il Giornale in primis, che tra gli altri ha ascoltato il segretario della Fim Cisl Uliano, interprete delle preoccupazioni e della necessità di stringere i tempi sull’accordo) ma anche all’opposizione (Il Fatto Quotidiano).
«L’errore di fondo è stato commesso – ha spiegato a Primo Piano Della Porta raggiunto al telefono – quando il governo Conte, il governo giallorosso, non esercitò la golden power (sulla fusione fra Fca e Peugeot da cui è nata Stellantis) per fare un favore all’amico del Pd Macron. Di fatto da allora è passato tutto in mano ai francesi, la governance Fiat è stata completamente depotenziata. Pensi che anche le ditte esterne che lavoravano a Termoli sono state tutte allontanate e avvicendate con altre». In tutto questo, ha ribadito, è «assurdo che la Cgil non pensi al destino dei lavoratori di Termoli e non solo ma all’autonomia differenziata. Una cosa è certa, il ministro Urso da Stellantis e Acc si aspetta adesso risposte chiare».
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