Consigliere Gravina nel penultimo fine settimana di agosto a Termoli impegnato nella raccolta firme contro l’autonomia differenziata. Perché avversate la riforma in modo così netto?
«Le motivazioni sono davvero numerose e abbiamo già visto i risultati di una regionalizzazione che, in alcuni settori, non ha portato nulla di buono, anzi ha creato problemi. Vorrei far riflettere su un aspetto in particolare: questa è una riforma, iniziata nel 2001, quindi parliamo di una riforma costituzionale che ha ormai più di vent’anni. Se analizziamo i dati relativi all’indebitamento delle regioni, emerge chiaramente come queste si siano indebitate pesantemente per far fronte ai servizi, riuscendoci solo in alcuni casi. Ora si vuole potenziare ulteriormente un settore così delicato come l’istruzione, che è uno degli ambiti in discussione nell’autonomia differenziata. Questo è legato alla spesa storica, che per le regioni del Centro-Sud è inferiore rispetto al passato, e non può che indebolire ulteriormente le regioni che già soffrono. Ecco, uno dei motivi principali è proprio questo: una riforma oggi anacronistica, perché concepita in un momento in cui il contesto fiscale e le condizioni generali erano completamente differenti».
Il Movimento 5 stelle verso la costituente, con quale obiettivo?
«È un processo importante, che in questi giorni sta vivendo la fase di avvio. È cruciale perché ci rivolgiamo anche ai minori, ritenendo che coloro che oggi non votano debbano essere coinvolti, poiché rappresentano il futuro. Inoltre, abbiamo il grande compito di riavvicinare le persone alla politica, che oggi rappresenta uno dei principali problemi, legato anche ai referendum. L’obiettivo è far sì che le persone partecipino alla cosa pubblica. Questo è uno dei temi della costituente, così come altri argomenti di rilievo. La discussione è in corso, c’è fermento e un dialogo abbastanza aperto. Tuttavia, credo che si riuscirà a trovare una sintesi, soprattutto quando si coinvolgono le persone».
È convinto del campo largo a livello nazionale?
«Penso sia inevitabile. Stiamo vivendo un momento storico in cui tutti i movimenti e i partiti attraversano determinate fasi. È importante comunicare che noi siamo dall’altra parte. Credo che i tempi siano maturi, ma è essenziale evitare unioni meramente elettorali; bisogna costruire intorno a un programma. Ritengo che ci siano molti punti di contatto, pur mantenendo perplessità su un campo troppo ampio, che potrebbe includere, ad esempio, Renzi. Su questo punto, non sono d’accordo, perché la memoria serve anche per evitare di ripetere errori che si sono rivelati dannosi in passato e che lo sarebbero ancora di più in futuro».
Su Stellantis e Gigafactory i suoi ultimi interventi sono stati molto decisi.
«Penso che sia irresponsabile attaccare un’azienda, per dovere di partito, in un momento così delicato. Nel bene e nel male, dobbiamo fare l’interesse del nostro popolo, della nostra gente, dei lavoratori e, quindi, di un territorio. Dovremmo mettere da parte le appartenenze politiche. Fratelli d’Italia non può intervenire in modo così scomposto. Anche il presidente della Regione ha richiamato all’unione di intenti. Non mi trovo d’accordo con lui quando dice cose imprecise e cerca di gettare tutto in caciara politica, rivangando e parlando di governi precedenti: bisogna farlo con cognizione di causa. Ci sono documenti che dimostrano che, in quel momento storico, l’operazione di Stellantis non poteva essere bloccata con la Golden Power. È importante che l’investimento si realizzi, non tanto per lo sviluppo, ma perché si tratterebbe di mantenere l’esistente. Lo sviluppo dovremo affrontarlo e speriamo che nei prossimi mesi finalmente qualcosa si muova, tenendo conto che ci troviamo nella parte del territorio regionale con il più alto potenziale».
Sono ormai trascorse due estati dall’avvento del nuovo governo regionale, qual è il suo giudizio?
«Esprimere un giudizio sulla politica di governo è troppo facile e, direi, quasi scontato. Anzi, ribalterei la domanda: mi dica qual è stato un atto importante che questo governo regionale ha portato avanti in un anno di amministrazione? Se dobbiamo commentare, per esempio, il tema caldissimo di Acc, non mi sembra che siano stati fatti passi così importanti nella direzione che tutti noi auspichiamo. Se poi devo commentare l’aumento dei tributi senza una riduzione dei costi della macchina regionale, non posso che esprimere un giudizio negativo».
E sulla sanità, vede passi in avanti?
«Siamo in una fase di stasi, forse voluta, perché Schillaci e la filiera istituzionale devono dimostrare di muoversi. Di fatto, c’è molto poco da mostrare. Saremo ben lieti di vedere che le promesse elettorali trovino una soluzione, ma ad oggi non possiamo dire che il progetto “Decreto Molise” sia una realtà. Anzi, è finito nel dimenticatoio. C’è un’interrogazione parlamentare che, guarda caso, non è ancora stata discussa, proprio perché vorremmo chiedere che fine ha fatto il progetto “Decreto Molise”. Non possiamo certo dire che i famosi 20 milioni di euro all’anno, ovvero 200 milioni di euro in 9 anni, siano la soluzione ai problemi del commissariamento della sanità o delle casse regionali. Per quanto riguarda la sanità, dobbiamo stare molto attenti affinché non si indebolisca ulteriormente quella pubblica e speriamo davvero che le promesse vengano mantenute. Purtroppo, i segnali sono negativi».

Emanuele Bracone

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