Prima il disco rosso da Roma, poi i tecnici ministeriali sono corsi ai ripari (dopo le proteste immediatamente scoppiate) e hanno promesso una soluzione. È scoppiato il caos ieri sulla cura per la bronchiolite.
L’Aifa ha classificato il monoclonale utilizzato per il trattamento del virus sinciziale come farmaco di fascia C. Per capirci è come un qualsiasi altro normale prodotto da banco. Per il ministero della Salute, dunque, le Regioni in piano di rientro (fra cui il Molise) non possono offrirlo gratuitamente ai piccoli pazienti. Lo stesso vale per il vaccino che struttura commissariale e Asrem erano pronte a somministrare, sempre gratuitamente, alle future mamme che ne avessero fatto richiesta.
Lo ha messo nero su bianco Americo Cicchetti, direttore della Programmazione sanitaria, in una nota inviata a Molise, Abruzzo, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia. Caos interpretativo in Puglia, dove una legge regionale da maggio regola la profilassi per il virus sinciziale. Legge che non è stata osservata dal governo nazionale.
Le altre Regioni, quasi tutte del Centronord, possono procedere con la campagna «a condizione che la somministrazione sia garantita con risorse a carico dei bilanci autonomi regionali, aggiuntive rispetto al fondo sanitario regionale». Per la Lombardia e l’Emilia, solo per fare due esempi, quasi una “passeggiata”. Mentre i piccoli del Sud non hanno la stessa fortuna.
Stop, quindi, in Molise, dove il dipartimento di Prevenzione dell’Asrem ha fatto appena in tempo a revocare la procedura di acquisto dei medicinali. Era tutto già pronto, i dettagli dell’iniziativa erano stati concordati fra struttura commissariale, direzione Salute e azienda sanitaria.
L’anticorpo Nirsevinab-Beyfortus viene utilizzato per la cura delle infezioni del virus respiratorio sinciziale in età pediatrica. È classificato come farmaco di classe C e, ricorda il Ministero nella prima nota inviata, «non è incluso nel vigente piano nazionale di prevenzione vaccinale» configurandosi come «un extra Lea».
«È una cosa che non si può sentire – il commento di Filippo Anelli, presidente nazionale della federazione degli ordini dei medici, raccolto da Repubblica –, non si possono discriminare i neonati in base alla regione in cui vengono al mondo. E temo che con la devoluzione si andrà sempre più in quella direzione. I cittadini sono tutti uguali nella nostra Repubblica davanti alla salute, come recita l’articolo 32 della Costituzione».
Ieri in una nuova circolare alle Regioni Cicchetti ha chiarito che «in considerazione dei possibili profili di iniquità territoriale nell’accesso alle terapie basate sull’anticorpo monoclonale Nirsevimab-Beyfortus, utilizzato per la cura delle infezioni di virus respiratorio sinciziale (VRS) in età pediatrica, derivabili dall’applicazione della nota del 18/09/2024, il Ministero ha già avviato le opportune interlocuzioni con l’Agenzia Italiana del Farmaco e la Direzione generale della Prevenzione dello scrivente Ministero, al fine di garantire un equo e tempestivo accesso per i pazienti a tutte le terapie approvate che mostrano adeguati profili di appropriatezza, sicurezza ed efficacia su tutto il territorio nazionale».
Un summit fra dirigenti capitolini è stato convocato per superare la difficoltà legata alla normativa in vigore per le Regioni indebitate e quindi in piano di rientro.
Per ora, è la promessa di una soluzione dopo le proteste dei medici. E non è da escludere che le amministrazioni più “pesanti” coinvolte nel divieto (per esempio quella del Lazio vicinissima al governo Meloni) si siano fatte sentire mettendo a segno un punto con questo annunciato dietrofront.
r.i.

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