Due mesi di gestazione alla Camera, pochi fondi per le modifiche coi saldi che restano sostanzialmente invariati. Premi Ires per 18mila imprese e nuova via per l’uscita anticipata per appena 100 pensionandi. Liti notturne, emendamenti votati per errore, 100 milioni che avanzano e che resteranno buoni per il 2025, forse. Tensioni con le opposizioni – e nella stessa maggioranza – fino alle ultime frizioni proprio sui tempi, e sul “Tour de force inutile” del Senato che in poco più di 24 ore, senza averla toccata, approverà in via definitiva la terza manovra del governo di Giorgia Meloni. Dalla Commissione Bilancio di Palazzo Madama il provvedimento è uscito senza un mandato al relatore. Oggi, entro l’ora di pranzo, il voto sulla questione di fiducia.
Introdotto da un emendamento dei relatori del testo alla Camera, che recepisce una proposta di modifica della deputata di FdI Lancellotta, la legge di Bilancio contiene un contributo di 90 milioni in due anni per ridurre il debito della sanità molisana e 20 milioni all’anno in più dal Fondo nazionale per programmare meglio i servizi di assistenza.
La manovra, inoltre, rende strutturali il taglio del cuneo fiscale per i redditi dei lavoratori con redditi fino a 40mila euro, in totale interessando 14,3 milioni di dipendenti. Entra a regime anche la riduzione a tre aliquote dell’Irpef accorpando i primi due scaglioni.
Nel 2025 sono confermate e potenziate le misure sui congedi parentali. Introdotta anche una ‘Carta per i nuovi nati’ che riconosce 1.000 euro ai genitori con Isee entro i 40mila euro e rafforza il bonus asili nido. Tra le misure sociali, si rifinanzia per il 2025 la carta ‘Dedicata a te’. Nel computo delle detrazioni si terrà conto del numero dei familiari a carico: più numerosi sono i componenti della famiglia, maggiori sono gli spazi per le detrazioni fiscali.
In particolare nel Mezzogiorno si confermano gli incentivi finalizzati all’occupazione dei giovani e delle donne, che saranno riconosciuti anche ai rapporti di lavoro attivati nel biennio 2026-2027. Così anche la decontribuzione per le imprese della Zes e gli incentivi all’autoimpiego nel digitale e del green. Confermata la tassazione agevolata al 5% dei premi di produttività.
Nell’iter parlamentare è stata approvata una riformulazione della cosiddetta norma anti-Renzi prevedendo che ministri, presidenti di Regione e Province e parlamentari italiani ed europei non possano accettare incarichi che comportino un compenso da paesi extra-Ue. Per gli esponenti del governo però si esclude la deroga al divieto che invece può richiede il parlamentare, a ogni modo il compenso non può superare i 100mila euro l’anno. Una seconda norma stoppa il rialzo degli stipendi dei ministri non eletti per allinearli a quelli dei colleghi parlamentari e prevede solo rimborsi delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni.