La Regione punta a riorganizzare gli Ambiti sociali che, secondo quanto trapela, saranno ridotti, verosimilmente a tre (come i distretti dell’Asrem).
Quel che si sa, è la denuncia della capogruppo del Pd in Regione Micaela Fanelli, è poco altro. «Un gruppo di tecnici ci starebbe lavorando, sotto la guida della consigliera delegata al sociale Stefania Passarelli. Niente su quali siano le esigenze impellenti e nuove che gli ambiti dovrebbero fronteggiare, le maggiori risorse necessarie, le riorganizzazioni funzionali, il rapporto pubblico-privato».
«Se l’obiettivo è “migliorare l’organizzazione”, la domanda che poniamo è: perché modificare un sistema che, pur con le sue imperfezioni, ha dimostrato di funzionare piuttosto bene? Per una astratta sovrapposizione ai Distretti sanitari e ai Centri per l’impiego? Sarebbe anche utile se in questa regione esistessero politiche sociali integrate col sanitario e le politiche del lavoro. Ma non solo così non è. Non lo sarà neanche in prospettiva. Alcune gestioni di sociosanitario (minimali rispetto alle enormi esigenze) sono in capo all’Asrem, che le esercita nella maggior parte dei casi a livello regionale. La sanità d’altronde è commissariata. Come si può pensare – incalza Fanelli – che il modello emiliano o toscano di sovrapporre sociosanitario e lavoro su distretti omogenei si possa applicare oggi da noi? In teoria e in futuro, dopo una sperimentazione, magari potrà rappresentare anche un punto di approdo, ma ad oggi una riforma non ponderata può portare solo a dei disastri sicuri, distruggendo un sistema che funziona, per uno che non sappiamo se funzionerà. Va capito e studiato tutto, vanno individuati i modelli organizzativi per davvero e sul territorio (non basta dire, come trapela in questi giorni, “faremo le antenne territoriali”). Non possiamo rischiare che questa operazione abbia lo stesso esito disastroso della gestione dell’acqua in Molise, dove la riorganizzazione da parte della Regione ha creato più problemi che soluzioni».
Fanelli poi riporta la sua esperienza di presidente dell’Ats di Riccia/Bojano per circa dieci anni. «Ho contribuito a costruire un sistema che ha risposto tempestivamente ai bisogni locali – servizi per anziani e disabili, all’inclusione dei migranti e al supporto alle persone in difficoltà – grazie anche al coinvolgimento di amministratori, tecnici, cooperative e soprattutto operatori sociali con varie qualifiche, che spesso hanno svolto più attività di volontariato che di lavoro vero e proprio. Un sistema che, sicuramente perfezionabile, ha sempre garantito una gestione efficace, con decisioni prese all’unanimità dai sindaci e con la priorità assoluta ai bisogni dei cittadini, ben oltre le appartenenze politiche. Ma ora, con la proposta di ridurre gli ambiti, ci chiediamo: a cosa porterà davvero questo cambiamento?».
Le domande poste sono contenute in un’interrogazione firmata insieme alla collega consigliera dem Alessandra Salvatore. «E non possiamo ignorare la questione delle risorse. Come pensiamo di affrontare i crescenti bisogni del settore sociale senza nuovi investimenti concreti? Le cooperative sociali che già gestiscono i servizi sono allo stremo, con bilanci in rosso e contratti che non coprono neppure i giusti adeguamenti. Cosa intende fare la Regione per garantire che questi servizi continuino a essere erogati con la stessa qualità e dedizione?».
Nessun confronto, chiude quindi Fanelli, con sindaci, associazioni e sindacati. Né col Consiglio regionale. «Non possiamo permettere che continui questa prassi, ormai consolidata, di portare decisioni già prese in Giunta, per una mera ‘ratifica’».