Tre le offerte pervenute in via Colitto, sede degli uffici amministrativi del Consiglio regionale, per ospitare l’Assemblea legislativa del Molise. Ancora in affitto, ma non più in via IV Novembre 87 a Campobasso.
Le indiscrezioni, al momento tali perché la procedura non si è ancora conclusa con provvedimenti che hanno evidenza pubblica, attestano che i plichi giunti alla segreteria generale riguarderebbero le cosiddette “Torri” dell’ex governatore Paolo Frattura (accanto alla tangenziale di Campobasso e di fronte al campus universitario), l’immobile del costruttore Pizzuto nella zona industriale di Campobasso (fino a qualche anno fa “casa” dell’assessorato alle Attività produttive) e una struttura della famiglia Potito (non il proprietario del centro radiologico e medico, bensì la dinastia famosa per le attività condotte da molti decenni in città, a partire dai carburanti, e per i terreni su cui poi è stata edificata ampia parte dell’area commerciale di Campobasso).
L’avviso per manifestazione di interesse è stato approvato e pubblicato a fine gennaio. A firmarlo, il segretario generale del Consiglio Claudio Iocca. Palazzo D’Aimmo cerca una nuova e unica casa, titolò Primo Piano in quella occasione. Tra le motivazioni per traslocare, infatti, quella relativa all’attuale allocazione degli uffici in più immobili non contigui che «ha determinato e continua a determinare notevoli disfunzionalità collegate alla necessità di continui spostamenti dei dipendenti e degli amministratori» tra un edificio e l’altro. Inoltre, a seguito di diversi sopralluoghi negli uffici di Palazzo D’Aimmo, sono state rilevate criticità – si legge nelle premesse della determina di Iocca – e la non conformità rispetto ad alcune specifiche di sicurezza previste dalla normativa vigente.
Con una nota dello scorso novembre il presidente del Consiglio Quintino Pallante, «nel rilevare le criticità emerse in relazione alle non conformità di legge, ha anche sollecitato l’adozione di utili soluzioni che consentano il corretto utilizzo di un immobile a destinazione pubblica e, nel caso non ricorrano le condizioni per il perdurante utilizzo dell’immobile, invita, altresì a valutare la percorribilità di idonee alternative, considerato che la mancata osservanza delle prescrizioni normative “Dpr n.151 del 2011 d.lgs. n.81 del 2008, articolo 20 del d.lgs. n.139/2006”, è già di per sé sufficiente per avviare una risoluzione del contratto di locazione in essere».
Nello specifico Palazzo D’Aimmo cercava – e capiremo presto se abbia trovato – immobili nel perimetro urbano di Campobasso, in zona servita da mezzi pubblici e ben collegata con le principali
vie di comunicazione. Tra gli altri requisiti richiesti almeno 3mila metri quadrati, accessibilità, parcheggi e conformità normativa. Il costo del fitto – specificava l’avviso – non potrà superare i 250mila euro all’anno.
Questa breve sintesi rende già l’idea che con la famiglia Moffa, proprietaria della storica sede del Consiglio – che fino alla intitolazione al suo primo presidente, Florindo D’Aimmo, era infatti universalmente nota come Palazzo Moffa –, è in atto un contenzioso. Nato, da quanto è trapelato, dalla richiesta dei vertici dell’Assise di provvedere ad alcuni lavori di manutenzione che i proprietari non si sarebbero rifiutati di effettuare. Avrebbero chiesto però più volte di verificare quali opere fossero necessarie e se si trattasse di manutenzione straordinaria (che compete al locatore) oppure ordinaria (che invece è compito del locatario) e se i danni e i disagi lamentati dal Consiglio regionale fossero ascrivibili a una mancata manutenzione ordinaria. Ad aggiungere benzina su un fuoco che però probabilmente era già acceso la richiesta di adeguamento Istat del canone di affitto. A cui una Regione con circa 600 milioni di disavanzo ha potuto, con ragioni fondate, opporsi. Anche se l’indicizzazione, è la posizione della proprietà del palazzo, era ferma da oltre un decennio. Ultima frontiera della lite, il ritardo con cui – sembra da lungo tempo e non solo in questa legislatura – l’Assise paga la “pigione”. Ritardo sul quale ora, ed è fisiologico, i proprietari non sono più disposti a chiudere un occhio e infatti hanno diffidato “Via IV Novembre” ad adempiere.
Sul trasloco pesa quindi un contenzioso. E, in prospettiva, la decisione recente (fine febbraio) della giunta Roberti di togliere dal piano delle alienazioni l’ex Hotel Roxy e ripristinare la finalità originaria per cui fu acquistato 20 anni fa: edificarvi la sede unica della Regione.
Alla call del presidente Pallante, però, in tre hanno risposto (Frattura, Pizzuto e Potito). La struttura dell’Assise eseguirà le verifiche sulla congruità delle offerte e, prevede il bando esplorativo, eventualmente (l’avviso per il Consiglio non è “impegnativo”) avvierà la trattativa negoziale.
ritai

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*