Vivere o morire accorpato: il bivio che il Molise ha di fronte sta tutto qua. E Antonio Di Pietro lega la sopravvivenza della terra che ama, la sua terra, al mantenimento, alla riqualificazione e al ripristino dei servizi essenziali, a partire dalla sanità, e anche al rispetto della realtà dei fatti. Per esempio, per lui e per tutti i promotori del ricorso al Tar sul disavanzo prodotto nella gestione degli ospedali e dell’assistenza territoriale, è un fatto che «il deficit della sanità molisana lo ha causato lo Stato e ora deve essere lo Stato a ripianare i debiti».
Sostanzialmente, «o lo si fa esistere» come realtà «in cui si può vivere sul piano del lavoro, dell’occupazione, dello sviluppo, della sanità, dell’assistenza sociale, altrimenti questo Molise a prescindere dalla volontà di ognuno di noi scompare da solo».
L’ex pm di Mani Pulite torna a fare l’avvocato e lo fa per la sua regione dove, ha detto nel suo intervento nella conferenza stampa di ieri mattina a Campobasso, vive stabilmente da un anno, nella sua masseria di Montenero di Bisaccia. Insieme ai legali Pino Ruta e Margherita Zezza ha presentato un ricorso al Tar (per conto di un cittadino contribuente, Andrea Montesanto) sull’annosa questione del deficit della sanità molisana, regione in piano di rientro e commissariata ormai da molti anni.
«Sono tornato nel mio paese, da cittadino in pensione, e ho potuto constatare che nulla è cambiato da quando ero ministro e già mi ero occupato di questa vicenda – ha detto – contribuendo a un piano di rientro e cercando di impedire che chi governava la Regione potesse fare anche il commissario ad acta per la sanità. Conosco il dramma sanitario in cui vive il Molise e quello dell’enorme debito pubblico. Con la nostra proposta – ha proseguito – invitiamo e allo stesso tempo diffidiamo il governo nazionale ad assumersi le proprie responsabilità: i commissari ad acta in 18 anni, invece di ridurre il debito sanitario, lo hanno aumentato. La responsabilità è dei commissari e di chi li ha nominati e dunque il debito pubblico creato sul piano sanitario non lo devono pagare i cittadini, ma lo deve pagare lo Stato».
L’impugnativa, che sarà discussa in camera di consiglio il 2 aprile (al massimo potrebbe slittare alla sessione successiva delle sospensive, quindi il 17), propone l’annullamento della delibera del Consiglio di via IV Novembre che approva la quantificazione del debito della Regione, quasi 600 milioni, senza stralciare la parte relativa alla sanità. La giunta Roberti, hanno evidenziato i tre avvocati, ha perfino affidato a una società esterna la due diligence ma poi non è stata conseguente. «C’è un bel punto interrogativo e questo è uno dei motivi che noi contestiamo perché la Regione Molise approva una delibera da 580 milioni di euro di disavanzo non avendo scomputato il disavanzo sanitario il cui ammontare era stato delegato ad una società di revisione che avrebbe dovuto appunto quantificare il disavanzo sanitario ma di questa quantificazione – ha rilevato Zezza – non c’è traccia».
Di più: il centrodestra ha respinto le proposte del leader di Costruire democrazia Massimo Romano (presente alla conferenza stampa) che andavano proprio nella direzione di attribuire a Palazzo Chigi la responsabilità del debito sanitario molisano – aumentato nonostante il lungo commissariamento e che costringe tuttora i molisani a pagare le tasse più alte d’Italia – e l’onere di farvi fronte.
Non è rimasta, quindi, che la via giudiziaria avviata da Andrea Montesanto, contribuente «stanco di una situazione inaccettabile». Inaccettabile, ha aggiunto Ruta, che «dopo il danno si debba subire anche la beffa. Per cui, siccome gli organi politici non riescono a porre rimedio a questa situazione abbiamo intrapreso un’azione giurisdizionale sulla base peraltro di pronunciamenti della corte Costituzionale che sono oltremodo chiari».
Infine un appello ai cittadini, «unitevi a noi» e al centrodestra che governa Palazzo Vitale. Un invito in questo caso a tornare i propri passi e cambiare la delibera impugnata.
r.i.