Con il voto, decisivo, della maggioranza di centrodestra il Consiglio regionale del Molise ha deliberato l’istituzione della Consulta regionale per la legalità proposta con una mozione dai gruppi di minoranza del centrosinistra (Pd-M5s-Costruire Democrazia), prima firmataria la capogruppo del Pd Micaela Fanelli. Due soli i no, del sottosegretario alla presidenza della giunta Vincenzo Niro e della vicepresidente dell’Assise Stefania Passarelli.
Durante i lavori, però, non sono mancati momenti di scontro e dibattito acceso. Il filo conduttore si è inevitabilmente indirizzato sull’inchiesta della Dda di Campobasso che vede indagato, insieme ad altre quasi 50 persone per un traffico illecito di rifiuti, il governatore Francesco Roberti. Per la consigliera del Pd, Micaela Fanelli, sull’argomento continua a registrarsi «un’omertà istituzionale» e, dunque, «serve fare chiarezza» sotto l’aspetto politico.
Di parere opposto all’istituzione della Consulta, il sottosegretario alla presidenza della Giunta, Vincenzo Niro. Per l’esponente della maggioranza l’atto di indirizzo era da ritenersi “superato”, alla luce della proposta di legge sulla legalità, annunciata proprio ieri durante i lavori dell’Assemblea, presentata dalla maggioranza di centrodestra.
Il testo propone una commissione con gli stessi compiti della Consulta, hanno fatto rilevare gli esponenti delle opposizioni.
La “sorpresa” al momento del voto. Sorpresa che il capogruppo 5s Andrea Greco forse aveva in qualche modo intuito perché durante il suo intervento – duro e con citazioni dal giudice Borsellino e da Peppino Impastato contro la mafia – ha chiesto più volte a Niro se la proposta di ritirare la mozione e convergere sul ddl, che deve ancora iniziare l’iter per l’esame e l’approvazione, fosse della giunta o sua personale.
Del resto, nelle interviste precedenti alla seduta il governatore Francesco Roberti era stato chiaro, spiazzando tutti. «Non solo sono d’accordo su questa commissione su cui non credo ci siano persone non d’accordo, ma all’interno di questa commissione ci sarà modo anche di trattare argomenti che in qualche maniera possono essere fraintesi e di chiarire la posizione di tutti i consiglieri regionali, il loro stato personale, familiare e così via».
Quanto alle accuse di omertà istituzionale rivoltegli dalle minoranze, Roberti ha ribadito il suo approccio: «Per il rispetto che porto alla magistratura e ai pubblici ministeri, se devo dire qualcosa dovranno essere prima loro a sentirla. Su questo argomento che riguarda la chiusura delle indagini non ho parlato prima, durante e non parlerò nemmeno dopo».
Il presidente della Regione sarà interrogato dai pm della Procura distrettuale antimafia di Campobasso, guidata da Nicola D’Angelo che ha coordinato l’inchiesta insieme al sostituto Vittorio Gallucci il prossimo 14 aprile. È stato proprio il governatore, attraverso i suoi avvocati Mariano Prencipe e Giuseppe Stellato, a chiedere di essere sentito per fornire la sua versione dei fatti in merito agli episodi di presunta corruzione che gli vengono contestati nell’ambito dell’inchiesta. «Sono sicuro di non aver fatto nulla, gli atti dimostreranno se è vero o no. Ma spetterà – ha concluso ieri Roberti – ai giudici giudicare».
r.i.

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