Il 15 marzo, sera inoltrata, un lancio dell’Ansa: Silvio Berlusconi ha formalizzato l’opzione, è senatore del Molise. Aveva detto di no, aveva rassicurato il secondo in lista, Ulisse Di Giacomo, amico di lunga data e coordinatore regionale del partito. Gli aveva garantito un’opzione diversa, alla portata. Il Cavaliere era candidato quasi ovunque, in alcuni collegi l’ormai ex Pdl ha eletto dieci, quindici senatori, lo spazio c’era altrove. Invece, lui ci ricascò: scelse la strada ritenuta più facile. Il seggio della Camera per la De Camillis era già sfumato – causa riattribuzione ‘assassina’ ai sensi del Porcellum -, il capo del Pdl azzerò con la sua scelta la rappresentanza del centrodestra molisano in Parlamento. Una notizia a cui nessuno credette subito, impossibile che lo abbia fatto di nuovo. Forse nemmeno Di Giacomo ci credette sul momento. Avrebbe avuto diritto ad una telefonata, di Berlusconi o almeno di Alfano (allora segretario nazionale). Niente. “Una scelta inopportuna, segno di scarsa considerazione per il territorio e di miopia politica. Ora il Molise si riprende la rappresentanza”.
Un’ora dopo la decadenza del Cav la Giunta delle elezioni presieduta da Dario Stefano convalida la surroga. Di Giacomo è di nuovo senatore, pronto ad aderire al gruppo Ncd di Alfano e Quagliariello.