Un passo indietro che ci si aspettava da vertici più ‘operativi’. Antonio Di Pietro si è dimesso da presidente onorario dell’Idv. La decisione è stata ufficializzata all’esecutivo nazionale di sabato, che ha sancito la linea di apertura al Pd per la costruzione “di una grande area democratica”.
Proprio quello che Di Pietro aveva anticipato a Campobasso la settimana scorsa. L’ex pm, per il quale l’opzione è ripartire dalla foto di Vasto (un dialogo cioè continuo e leale con le anime della coalizione che il Pd guida oramai da leader indiscusso), ha precisato di lasciare la carica di presidente onorario “non per polemica verso la linea politica ma per rispetto verso gli elettori dopo la sconfitta elettorale delle europee. Non abbandono il partito, anzi ci resto come prima e più di prima”. Confermata, dunque, da questa dichiarazione la sua intenzione di tornare in campo in prima persona. Una rentreé annunciata anche qualche mese prima del voto per Strasburgo. Di Pietro avrebbe dovuto essere capolista nella circoscrizione Sud. All’improvviso il ripensamento spiegato con la voglia di mandare avanti volti nuovi e giovani. Resistenze interne all’Italia dei Valori, è filtrato invece. Uno stop al fondatore da parte di un movimento che voleva provare a fare da solo dopo la cocente sconfitta alle politiche. Sonoramente bocciato, nel 2013, era risultato il progetto di Antonio Di Pietro, la fallimentare avventura con Rivoluzione civile per la quale il Tonino nazionale ha fatto poi pubblica ammenda. Alle europee ed amministrative di quest’anno, però, non è andata meglio. Tranne che in Molise e alle regionali d’Abruzzo. Le due regioni, sottolinea il gruppo dirigente molisano, che insieme al Veneto sono ancora vicine all’ex ministro dei Lavori pubblici. Le regioni in cui il partito registra percentuali accettabili.
Il documento del segretario nazionale Ignazio Messina, che ufficializza l’avvicinamento al Pd di Renzi, ha ricevuto il 90% dei consensi alla riunione di sabato. In una nota del partito la presa d’atto di un “risultato al di sotto delle aspettative” e poi subito la proiezione a nuovi traguardi. Che, in molti sono convinti, si sostanziano nell’approdo tra le fila del Pd.
Orizzonte che Pierpaolo Nagni, componente del parlamentino nazionale Idv, assessore regionale alle Infrastrutture e coordinatore molisano Idv prima di passare il testimone a Cristiano Di Pietro, non disdegna ma nemmeno lo conquista. Non è una prospettiva a cui ‘arrendersi’, un futuro spendibile di una forza politica non risiede nell’autoliquidazione. A Roma è intervenuto, lo ha fatto anche il capogruppo di Palazzo Moffa Carmelo Parpiglia. Entrambi diretti, senza sconti a Messina. “Mi sarei aspettato – ribadisce Nagni – che Messina si fosse presentato dimissionario e l’ho detto. Quello che abbiamo commentato è un risultato ‘ridicolo’, noi perdiamo. Bisognava dirlo senza giri di parole. Rispetto a quella che è stata la forza dell’Idv le percentuali sono, tranne che in Molise, irrisorie. Si è fatto l’esempio, durante il dibattito, di Scelta civica e della sua sconfitta alle urne europee nonostante il movimento sia al governo con un ministro. Ma Stefania Gianni si è dimessa da segretario di Scelta civica. Ovviamente avremmo respinto le dimissioni di Ignazio (Messina, ndr). Ma sarebbero state la premessa per immaginare un percorso politico più concreto”. Più concreto del ‘ritorno’ nello stesso partito del senatore Roberto Ruta? In chiave locale le declinazioni dell’apertura al Pd sono stimolanti. “Se posso utilizzare una battuta – risponde l’assessore – è da tempo che da quell’area mi fanno le fusa…”. Proprio perché “felice anomalia”, l’eventuale fusione dell’Idv Molise con il Pd sarebbe (o sarà) operazione complessa. Roccaforte dei dipietristi che porta ancora risultati al leader. Lui che, militante o presidente onorario, per ovvie ragioni nei talk e nelle finestre di approfondimento dei canali all news ancora impazza. Con buona pace dell’ormai famosissima sorella Concettina.