Nell’incontro organizzato dalla Federazione di Campobasso il Pd ricorda il capo più amato dei comunisti italiani. Petraroia che oggi è assessore regionale nel suo Molise rivendica con orgoglio di appartenere alla storia del Pci di Enrico Berlinguer. E sottolinea come anche figure ‘straordinarie’ che in quella storia hanno radici hanno poi cercato in tutti i modi di farsi accettare dalla classe dirigente italiana. Colori sbiaditi man mano fino a confondersi. “Mi riferisco a D’Alema quando è andato al governo” spiega. La politica era un’altra cosa, d’altro canto, all’epoca di Berlinguer. “Era rispetto e non insulto – rimarca -. Al suo funerale andarono i fascisti”.
Nel 1983 il segretario nazionale del Pci passò in Molise un paio di giorni. A Campobasso partecipò ad un’assemblea nel quartiere Cep. Il problema principale era quello dell’acqua. “Ricordo che mi chiamò prima dell’appuntamento. Voleva sapere da me la situazione concreta del quartiere. Lui parlava di cose reali, era questa la sua forza – ricorda l’ex senatore -. Nel suo intervento inquadrò il tema dell’acqua nelle grandi questioni del Mezzogiorno”. Un leader amatissimo, uno di famiglia per i comunisti. Un amico per chi comunista non era. Lo piansero, come titolò l’Unità, ‘Tutti’. Non c’erano i canali di comunicazione di oggi, eppure Berlinguer era un ‘capo’ nel senso moderno del termine. “Lui – prosegue Massa – credeva molto nel contatto diretto. La rete, che oggi è il mezzo su cui si scommette, non realizza la democrazia. Ecco, soprattutto questo resta di Berlinguer, il senso assoluto della democrazia”.