Le donne e gli uomini del Pd, dice l’articolo 4 del codice etico, “si impegnano a contribuire personalmente all’attività del partito con uno specifico onere di concorso economico, proporzionale alle indennità percepite per coloro che sono eletti ovvero designati nelle istituzioni”.
Il rendiconto chiuso al 31 dicembre 2014 chiarisce che le contribuzioni sono ‘libere’. L’obbligatorietà deriva dalle regole interne, quelle finanziarie soprattutto che collegano l’eventuale morosità alla non ricandidatura. Cose loro, in pratica. Che hanno al contempo un indubbio rilievo pubblico visto che il Pd è il Pd: partito del premier e del governatore del Molise.
Il bilancio 2014 è liberamente ‘spulciabile’, scaricabile e consultabile nella sezione trasparenza del portale dem. Nel documento l’elenco delle contribuzioni nelle casse centrali. I parlamentari molisani fanno il loro dovere e versano direttamente a Roma. Sorprese, invece, a Palazzo Moffa. Pur se ampiamente annunciate. Frattura, Di Nunzio e Petraroia sono a posto: 18mila euro l’obolo di Danilo Leva, 19.500 quello di Laura Venittelli, 18mila per Roberto Ruta. C’è poi un’altra scheda, riporta i contributi versati direttamente alle strutture periferiche e da queste comunicate a Roma. Nel 2014 al Pd Molise il governatore Frattura ha dato 6.247 euro, il vicepresidente della Regione Michele Petraroia 6mila, il consigliere regionale Domenico Di Nunzio 8mila. All’appello mancano il capogruppo Francesco Totaro e l’ex assessore Massimiliano Scarabeo, che si è autosospeso pochi giorni fa dopo essere stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari con l’accusa di truffa alla Regione e frode fiscale.
All’ordine del giorno di varie riunioni della segreteria di Fanelli, il mancato versamento delle quote da parte degli eletti (ai ‘regionali’ evidentemente si aggiunge anche chi occupa poltrone più locali) è stato fra i motivi di disaffezione al partito dell’ex segretaria della federazione del basso Molise Giuliana Ferrara (che poi ha lasciato il Pd per ‘Possibile’ di Civati).
Il capogruppo Totaro non ha difficoltà a confermare: “Nel 2014 non ho versato nulla e vi spiego perché. In preparazione delle comunali di San Martino in Pensilis (paese d’origine e ‘feudo’ di Totaro, ndr), con la sezione chiedemmo al segretario regionale l’uso del simbolo Pd. Seguimmo tutti i passaggi previsti, ma la Fanelli ci rispose che siccome un iscritto era contrario non poteva accogliere la nostra richiesta”. Una pausa per capire meglio: alle comunali del 2014 Totaro e la sua sezione corsero con una lista civica contrapposta a Massimo Caravatta (che poi vinse), iscritto al Pd anche lui e uomo dell’assessore all’Agricoltura Facciolla, che invece ai dem non è iscritto. Un derby in famiglia molto acceso. “Fanelli non ci diede il simbolo, non rispettando lo statuto e il regolamento. Lei deve dare l’esempio, rispettare le regole oltre a chiederne il rispetto. Per questo motivo da allora mi sono ritenuto libero di non versare la quota. Il segretario lo sa e anche il tesoriere. E così sarà – chiude Totaro – finché non sarà ristabilito un rapporto di correttezza all’interno del partito”.