Non proprio una sorpresa, per la giunta Frattura, la firma del decreto che riconosce l’area di crisi complessa industriale in Molise. Tre giorni prima che il ministro Guidi desse via libera al provvedimento, infatti, l’esecutivo di Palazzo Vitale ha approvato il ‘progetto di recupero e riconversione industriale’ per la zona interessata (il territorio ricompreso fra i Comuni di Venafro, Campochiaro e Bojano e per le aree di localizzazione delle aziende dell’indotto).
Si tratta di un pacchetto di strategie ed interventi messo a punto dal gruppo tecnico della Regione costituito dal direttore d’Area Massimo Pillarella, dal dirigente che si occupa di Competitività dei sistemi produttivi Gaspare Tocci e da Renato D’Alessandro di Sviluppo Italia Molise. Incentivi nazionali e regionali per nuovi investimenti, infrastrutture funzionali alle zone industriali e alle aree Pip, iniziative per ricollocare, dopo averli formati, coloro che hanno perso il lavoro per la crisi delle grandi aziende. Questi gli assi portanti del progetto.
I settori su cui si concentreranno le risorse – il piano straordinario vale approssimativamente 100 milioni – e gli interventi sono suddivisi in tre gruppi. Il primo – agroalimentare, tessile, meccanica – è destinatario già di “alcuni interventi pubblici e di iniziativa privata che dovrebbero consentire un recupero di competitività e di quote di mercato, anche se – si legge nel progetto – non è ipotizzabile un completo recupero dei volumi di affari e, soprattutto, degli occupati esistenti rispetto alla situazione ante crisi”. Il documento individua anche i settori ‘con le maggiori potenzialità competitive’, terzo gruppo su cui ‘investire’ ora che l’area di crisi è realtà: industrie della salute, benessere, qualità della vita e welfare; industrie della creatività; cultura, turismo ed ambiente; settori di grande innovazione e della ricerca, di valenza nazionale ed internazionale.
Ampio il ventaglio di possibilità per chi voglia investire in Molise. Tra questi: contributo a fondo perduto, contributo in conto interesse, finanziamento agevolato, mix di contributi, credito di imposta ed altri bonus fiscali, interventi di private equity ed ingegneria finanziaria, garanzie finanziarie, croudsourcing, croudfounding. Durante l’incontro con la stampa di sabato, il presidente Frattura ha fatto riferimento ad esempio alla Flat tax: tassazione al 20-25% per i primi dieci anni di attività. Ma l’elenco è corposo, gli strumenti ampi e differenziati. Il prospetto riepilogativo – estratto dal progetto approvato con la delibera 419/2015 della giunta regionale – fornisce un primo quadro delle misure che saranno attivate e dei fondi utilizzabili.
L’area di crisi è stata perimetrata (vedi la mappa a corredo dell’articolo, in grigio la zona diventata ‘di crisi’). Come? Si è fatto ricorso – spiega l’allegato alla delibera – a criteri riconducibili alla straordinarietà della situazione, “che portano a candidare l’intera provincia di Isernia, in considerazione della modesta dimensione territoriale e demografica, attorno alla quale si è sviluppato il presupposto documentale per il riconoscimento dell’area di crisi complessa, in termini di dati occupazionali, asset industriali prevalenti e di Pil e la frazione della Provincia di Campobasso, direttamente collegata nelle azioni, nelle direttrici infrastrutturali, nelle criticità aziendali e per l’appartenenza ad uno stesso Consorzio industriale, contratto d’area e patto territoriale”. Le imprese con sede nell’area di crisi possono beneficiare delle agevolazioni previste dalla Carta degli aiuti di Stato. Contributi e finanziamenti stanziati a loro favore, in poche parole, non violano – nelle percentuali indicate dalla Carta – le norme comunitarie sulla concorrenza.