La decisione della Corte dei conti risale a fine novembre, ma se ne è avuta notizia solo in queste ore. Il verdetto riguarda le spese pagate o rimborsate ai consiglieri regionali del Molise coi fondi dei gruppi nella legislatura 2006-2011 ed è il primo che condanna un ex inquilino di Palazzo Moffa, Filoteo Di Sandro, a restituire il ‘maltolto’: i soldi pubblici, cioè, che secondo i magistrati contabili ha utilizzato illegittimamente.

Eletto con An, durante il mandato incriminato ha ricoperto anche il ruolo di assessore e oggi è coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, il fascicolo aperto nei suoi confronti dalla procura penale è stato archiviato su richiesta del pm che però ha trasmesso gli atti delle posizioni esaminate ai colleghi di via Garibaldi. Perché il profilo della responsabilità erariale è differente da quello penale. E può sussistere autonomamente. Infatti, la sentenza dei giudici contabili condanna Di Sandro a pagare all’erario 6.995 euro.

La cifra è il risultato della somma delle spese che il procuratore Manfredi Selvaggi gli ha contestato decurtata però di un terzo, in ragione di una corresponsabilità che la Corte ha individuato in colui che rivestiva la carica capogruppo di An all’epoca delle spese contestate. Ruolo ricoperto in quella legislatura da Enrico Gentile, per il quale invece il procedimento penale per peculato sta andando avanti, il processo a suo carico si è aperto a dicembre.

Di Sandro è stato condannato a restituire i rimborsi di alcune missioni a Roma, che non erano supportate da una documentazione adeguata. Ricevute e fatture, ma anche altri tipi di giustificativi: cosa era andato a fare nella Capitale, quale appuntamento attinente alle attività del gruppo aveva seguito e chi lo aveva convocato. Nel conto presentato dall’erario all’ex assessore anche pasti consumati in un ristorante di Colli al Volturno (peraltro di proprietà di suo cognato) e il pagamento dei manifesti elettorali per le provinciali del 2009 della formazione politica Alleanza per il Molise. Profili, questi, emersi anche nell’inchiesta penale condotta dalla Guardia di Finanza. In quel caso Di Sandro è evidentemente riuscito a dimostrare che quei pranzi erano non solo e non tanto incontri conviviali, quanto meeting di lavoro che al centro avevano la discussione su temi attinenti all’attività istituzionale del gruppo, ad iniziative legislative e amministrative.

Non così alla Corte dei conti. Che non ha ritenuto provata la connessione di quelle spese con i fini istituzionali del gruppo, con la promozione della sua immagine o la divulgazione della sua attività. Concetti che sono alla base della legge regionale che prevede il finanziamento alle articolazioni politiche di Palazzo Moffa. Solo le spese che derivano dalle esigenze del gruppo sono rimborsabili. Il conto totale – pasti al ristorante, manifesti per le provinciali del 2009 e rimborsi per missioni a Roma – era di circa 10mila euro. Tolto il 30% imputabile virtualmente al capogruppo che ha liquidato rimborsi e spese illegittimi, alla Regione Di Sandro dovrà restituire circa 7mila euro.

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