La presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento nazionale di Protezione Civile, ha fatto intendere che la macchina di ricostruzione post-sisma pesa troppo sulle casse pubbliche e che per essere decretata la proroga dello stato di criticità è necessario risparmiare.
Il problema sono quei 250 tecnici impiegati negli uffici Coc dei Comuni e nella struttura commissariale centrale (utili 10 anni fa, ma adesso difficilmente giustificabili), il cui costo complessivo annuale è di 5 milioni di euro. “La riduzione dei costi era un’esigenza che anche a noi era ben presente. Secondo gli impegni presi col governo precedente la nuova fase sarebbe partita dal 2013, ora invece ci chiedono di abbattere da subito alcuni costi – ha spiegato il consigliere regionale delegato alla ricostruzione Nicola Romagnuolo,il quale non è d’accordo con un salvacondotto che tenga fuori una parte di territorio dai sacrifici. “Quelli dobbiamo farli tutti. Prendete il caso di Sant’Elia a Pianisi: non sta nel Cratere, ma ha una serie di progetti di Classe A da realizzare e ha bisogno dei tecnici dell’ufficio sisma come un paese del Cratere”, ha spiegato. Insomma, il ragionamento è logico: tagliare dove non ci sono esigenze della ricostruzione pesante.