Severo, quasi urticante. Il gioco si è fatto duro e il premier va giù pesante. A Latina l’attacco frontale: ai consiglieri regionali del Molise, tra cui quelli del Pd, e di nuovo al Molise. Di striscio stavolta, ma Renzi scivola ancora sulle dimensioni e il dato demografico.

Il j’accuse, però, riguarda la tasca della casta. «In Molise i consiglieri regionali sono tutti contro, sono del Pd ma sono contro. E perché? Perché con la riforma prenderanno quanto prende il sindaco del comune capoluogo». Lo dice a Frosinone, l’effetto qui è deflagrante. Qualche settimana fa, stuzzicata dai cronisti sulla prevalenza del No fra gli inquilini di Palazzo D’Aimmo, a precisa domanda sul tema dell’indennità la ministra Boschi fu elegante: non so perché votano No, mi auguro che non sia il taglio dello stipendio il motivo. Poi, durante il suo intervento conclusivo nella Sala della Costituzione, propose l’aneddoto alla platea. Strappando gli applausi più scroscianti di tutta la serata. Sulla pancia del Paese, in una regione che come le altre ha avuto la sua lunga inchiesta sulle ‘spese pazze’ pagate coi fondi dei gruppi consiliari, in certe occasioni si può sempre contare.

Adesso Renzi prende di petto la questione, fa degli eletti di via IV Novembre un caso nazionale. Striglia anche i suoi. I democratici eletti in Assise che votano Sì sono il governatore Frattura e il consigliere Di Nunzio. All’appello mancano gli altri, fra cui il capogruppo Totaro. Poi, la nota stonata: «Il Molise, nota regione con un sacco di abitanti…». Subito però si riprende, memore delle polemiche che scoppiarono quando usò la XX Regione come simbolo dei ‘piccoli’ che da soli non possono affermarsi: «Se sei il Molise non vai da solo a fare promozione in Cina». «Intendiamoci, è una regione importante – cerca di limitare i danni -, ci abbiamo fatto anche il Patto per il Molise. Ma ai consiglieri regionali gli si può ben dare lo stipendio del sindaco di Campobasso».

Il caso, l’ennesimo, è ormai scoppiato.

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