Affronta la campagna elettorale con «serenità assoluta per il lavoro svolto». Vincenzo Cotugno, capolista di Orgoglio Molise, ci riprova con un bagaglio e un raffronto ‘pesanti’. Nel 2013 fu il più votato, primo eletto di Rialzati Molise e dello schieramento che vinse: 4.047 preferenze. Sulle spalle, la grande responsabilità di confermarsi un riferimento e la voglia di mettere in gioco quanto ha portato avanti nel mandato che lo ha visto, al giro di boa, assumere la guida del Consiglio regionale.
Avrà tracciato un bilancio della sua azione, presidente Cotugno. Si promuove su tutta la linea?
«Diciamo che ho la certezza di aver agito al meglio e per il meglio delle istituzioni e del territorio. Mi presento all’appuntamento con le urne con l’impegno profuso tutti i giorni per la valorizzazione delle bellezze e delle eccellenze della nostra regione e per ribadire la dignità del Molise che è una delle 20 Regioni d’Italia, non la 20esima e quindi l’ultima. Io ci credo in questo principio. Siamo riusciti nell’impegno? Saranno i molisani a stabilirlo con il loro voto. Daranno un segnale su quanto fatto e sulle cose da fare».
Tra i suoi slogan c’è quello sulla politica dell’ascolto. Il Molise ha molto da dire alla classe politica, voi avete ascoltato davvero?
«Io credo di aver incontrato centinaia e centinaia di persone, forse migliaia negli anni. Mi hanno colpito molto i giovani. A loro la classe dirigente deve dare l’occasione di sentirsi parte integrante di questa terra e restarci, con orgoglio e senso di appartenenza. E poi ho avuto un’interlocuzione bellissima con i molisani nel mondo, 43 le associazioni che li rappresentano. Tutti hanno una grande voglia di Molise. È anche dalla loro fierezza che è nato il nome del movimento, Orgoglio Molise. Oltre che dal tour, che ho avviato e che – se i cittadini vorranno ridarmi fiducia – continuerò, fra le eccellenze della nostra regione. Eccellenze dell’agroalimentare, dell’impresa in genere, dell’artigianato. Ma anche del turismo. Noi abbiamo borghi storici straordinari, basti pensare a Bagnoli che è entrato nella top ten dei più belli d’Italia arrivando prima di posti magari più conosciuti e maggiormente promossi».
Orgoglio quindi significa puntare sull’identità e l’autonomia?
«Assolutamente. Anzi, dirò di più. È mortificante ascoltare chi esorta i cittadini a “non sentirsi più servi”. Frasi fatte. I molisani discendono dai Sanniti, un popolo che neanche Roma riuscì a sottomettere. Non consentiamo, tanto meno a chi arriva da fuori, di dire che non dobbiamo essere orgogliosi del nostro passato. Poi, naturalmente, c’è il futuro. E il futuro è innanzitutto autonomia e identità. Il Molise non può essere destinatario dei fondi nazionali solo in ragione dei 300mila abitanti. Perché ha pure 136 Comuni, un territorio che non è un quartiere di Roma. Per percorrerlo in auto si impiega un’ora e mezza e la viabilità presenta grossi problemi. Oltre a un esercito di giovani che va valorizzato e che deve restare qui».
Ecco, come farlo concretamente?
«Dobbiamo puntare sulle startup. Tra le cose che ho chiesto al candidato presidente Toma, c’è la rimodulazione di parte dei fondi del Patto per il Molise: 50 milioni da destinare alle startup e alle iniziative imprenditoriali dei giovani. Io faccio sempre l’esempio di Steve Jobs. Bene, il Molise potrebbe diventare il laboratorio italiano per le startup. Con la tecnologia, la banda larga e la fibra ottica, lavorare da Parigi o da Ripabottoni sarà lo stesso. Con in più la qualità della vita che noi qui possiamo garantire e altrove no. E poi bisogna valorizzare l’acqua, che non è una risorsa solo per bere. Pensate alla carta dell’acqua, progetto che ho portato avanti in questi anni: La Molisana ora utilizza il bollino blu dell’acqua delle sorgenti del Biferno sul pacco della pasta. E così anche per la produzione di energia».
Conta di riuscire a realizzare questi obiettivi nei prossimi cinque anni?
«Questi sono solo alcuni dei temi. Io spero che ci sia una squadra coesa, di gente perbene e capace. Per quanto riguarda Orgoglio Molise, ci presentiamo con persone che hanno già dimostrato di saper fare».
r.i.

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