La prima telefonata, da presidente, la farà agli attuali avversari: «Andrea, Carlo e Agostino». Si mostra sicuro di vincere, Donato Toma. E rilancia sul fronte del dialogo. «Ci sono punti di vista differenti ma le cose per il Molise possiamo e dobbiamo farle insieme», dice. «Non ci saranno sconfitti», assicura.
I programmi, al netto di diversità macroscopiche, sono giocoforza molto simili. Perciò, ribadisce il candidato governatore del centrodestra, dopo il voto «dobbiamo remare tutti nella stessa direzione».
Davanti al castello Monforte dà il via al #perbene tour: un gruppo di ragazze e ragazzi che gireranno il Molise in lungo e in largo con due auto e un van, arrivati nei singoli paesi monteranno un gazebo e illustreranno il programma di Toma ai cittadini.
Inclusione e ascolto sono le sue parole d’ordine. Inclusione, quindi confronto e collaborazione con tutti. E presenza sul territorio per ascoltare i problemi della gente. Quella del #perbene tour sarà, garantisce, «un’invasione pacifica» che servirà anche a riaffermare l’identità e l’autonomia della Regione. «Giù le mani dal Molise», scandisce, e «prima i molisani». Quindi respinge l’ipotesi, circolata – riferisce – a livello nazionale, di eliminare il requisito dei sei mesi di ‘residenza’ sul territorio per chi chiede contributi economici: «Chi vuole i finanziamenti deve investire e restare in Molise».
Saranno i giovani a fargli da ‘ambasciatori’ in queste ultime settimane di campagna elettorale. Per i quali Toma propone misure a sostegno dell’occupazione. A suo parere, le misure messe in campo dalla Regione, a partire da “Garanzia Giovani”, si sono rivelate meri palliativi, che non hanno risolto il problema, «sicché i nostri giovani si sono ritrovati, dopo un periodo di formazione, di nuovo senza lavoro».
La sua ricetta? Toma sostiene la necessità di «mettere in campo il necessario know how per una gestione più lungimirante dei fondi sia nazionali che europei, una grande risorsa finora troppo poco valorizzata e scarsamente utilizzata». E poi soluzioni alternative, come quella che prevede l’utilizzazione dei terreni abbandonati a favore di giovani che vogliano iniziare una startup nell’agricoltura innovativa.