CAMPOBASSO. Novanta milioni di fatturato, che non vuol dire necessariamente un utile. Il bilancio ha il ‘‘‘‘‘‘‘‘segno meno’ infatti dal 2008. E un debito di 65 milioni. La scommessa della Solagrital per sopravvivere sta tutta in questo range. Chi ne capisce non esita a definirla una situazione drammatica. E a parlare non è un esponente dell’opposizione regionale. Stavolta la parola d’ordine è ‘‘‘‘‘‘‘‘good company’, la compagine dalla faccia pulita su cui il commissario che sarà inviato dal ministero poggerà le basi della ripartenza. La ‘‘‘‘‘‘‘‘bad company’, quella in passivo fisso, probabilmente sarà abbandonata al suo destino e cestinata. Solagrital produce polli e derivati, lo fa in un vecchio stabilimento rilevato dalla Logint –uno dei satelliti di Arena creati da Dante Di Dario – a suon di milioni di euro e con un meccanismo talmente complesso che sono in pochi ad essersi addentrati nella spiegazione. Prima l’usufrutto per 7 anni per un totale di 15 milioni. Poi il preliminare fra Gam (la new-co della filiera avicola nata per risollevarne le sorti) e Logint per i restanti 22 milioni. Certo, i 15 dell’usufrutto si sostanziano nella cessione di azioni Arena, ma sempre nella holding quotata in Borsa la Solagrital ne ha ‘‘‘‘‘‘‘‘buttati’ altri 45 per aumentare il suo capitale nella Spa. E, non bisogna mai dimenticarlo, stiamo parlando di soldi dei contribuenti. Oltre che di un cespite che necessiterebbe, a detta di molti, di ammodernamento e innovazione. Anche oggi la scommessa di Solagrital per sopravvivere è ancora una volta a carico della Regione, socio pubblico di maggioranza con il 64,42% . Servono risorse per produrre e saldare le fatture dei fornitori, oltre che gli stipendi delle maestranze. Dieci milioni a stare bassi, meglio 15. Per il momento la Giunta erogherà un finanziamento da sei milioni. E non stupisce in questo panorama che le dichiarazioni del capo cordata, il governatore Iorio, sul “qualcuno” che non ha pagato i polli abbiano scatenato il putiferio. A rischiare sono in 718 (le unità lavorative censite al 24 novembre 2011) ma a sentire gli operai che martedì hanno incrociato le braccia e sono rimasti davanti ai cancelli a Monteverde di Bojano i fissi sono ormai pochissimi. Forse neanche 300. Il resto? Avventizi, dipendenti a tempo e ‘‘‘‘‘‘‘‘a giro’. Occupazione anche questa, speranza per le famiglie, tante, che nell’area matesina sono rimaste legate al sogno avicolo che negli anni ’70 rappresentò la prospettiva di sviluppo. Una chance di vocazione, intorno fecero quadrato gli allevatori e i trasportatori. Vent’anni dopo il cortocircuito: troppe assunzioni, il mercato di settore in crisi e un imprenditore risucchiato dall’obiettivo minimo della politica, quello di garantirsi la riconferma. Investimenti e prospettiva possono attendere. Il salvataggio ha funzionato per un decennio, ma le basi erano fragili. È proprio al castello, più finanziario che produttivo, costruito da Dante Di Dario che in molti ora riconducono l’inizio della fine. O almeno la lucida consapevolezza che sarebbe finita così. “Arena è stata per lungo tempo l’unico acquirente di Solagrital. Decideva condizioni e prezzi. Non pagando le forniture ha creato un buco da 30 milioni nei conti della cooperativa e ora i rapporti si sono talmente incancreniti che non compare più tra i compratori”, osserva il presidente della Seconda Commissione di Palazzo Moffa Riccardo Tamburro. È lui al termine dell’audizione con gli amministratori dimissionari a riassumere la situazione. “Al momento l’ipotesi è di un finanziamento da 6 milioni di euro, che dovrà consentire il funzionamento dell’attività, non la copertura dei debiti”. Massimo Romano, invece, stavolta ha poche parole. Racconta di aver posto alcune domande al consigliere delegato Di Dario. “Gli ho domandato se avevo capito bene, perché lui ha ricondotto la causa dei problemi di Solagrital al fatto celeberrimo ormai che Arena non ha pagato i polli. Mi ha risposto: sì, consigliere, ha capito bene. A quel punto ho incalzato: lei rappresenta il privato nel Cda? Un’altra risposta affermativa. Il privato è Arena? E, certo, anche qui mi è arrivato un sì. Non credo io debba aggiungere nulla”

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