24 ore per trovare la quadra in una coalizione che da tempo ha dichiarato lo stato di agitazione. La mozione di sfiducia al governatore è l’unico punto all’ordine del giorno di domani. Firmata dai consiglieri del Partito democratico (Fanelli e Facciolla) e dai sei portavoce del Movimento 5 stelle (Greco, De Chirico, Fontana, Manzo, Nola e Primiani), sarà votata anche dall’ex presidente Iorio. Pronosticare il verdetto dell’Aula è impresa ardua. Ma il passato può venirci incontro in qualche modo. Da quando la legge elettorale ha stabilito che se si sfiducia il presidente eletto direttamente dal popolo la parola passa automaticamente ai molisani, nella storia recente della ventesima regione nessuno è tornato a casa prima della scadenza naturale per volere degli eletti. Una sola volta il Consiglio regionale ci è andato molto vicino. Era il 2006 e all’opposizione c’era il centrosinistra di Nagni, Di Lisa, Di Sabato, D’Ambrosio, Di Stasi, D’Ascanio, Totaro Paglione e Di Domenico. L’ex governatore era in rotta di collisione con l’Udc di Patriciello per la nomina a top manager dell’Asl unica di Sergio Florio. Lunghe ed estenuanti riunioni nel centrodestra non portarono ad alcuna sintesi. Ognuno rimase sulle proprie posizioni e alla vigilia del voto la legislatura sembrava davvero compromessa. Alla fine però Camillo Di Pasquale, consigliere regionale in quota all’Udeur del senatore Alfredo D’Ambrosio, salvò Iorio (che trionfò ancora alle successive regionali) e la poltrona a tutti i consiglieri. La mozione fu messa ai voti. Finì 15 a 15. Nell’Udc votarono sì Patriciello, Velardi e Di Biase. Presero invece le distanze Marinelli, Pio Romano e Terzano. Nel 2012 il centrosinistra di Paolo Frattura ci riprovò ma senza alcuna chance.
E siamo ai giorni nostri. Oggi pomeriggio la riunione di maggioranza nella sala parlamentino di via Genova. A partire dalle 17,30 il centrodestra di Donato Toma dovrà cercare la sintesi tra le rivendicazioni degli undici firmatari del documento che chiede la testa di Michele Marone, in giunta da esterno in quota alla Lega, e le volontà del presidente della Regione che – stando alle sue ultime dichiarazioni – non ha intenzione di muovere foglia prima del voto di sfiducia.
Lanciata la sfida ai suoi, Toma potrebbe davvero far cuocere nel loro brodo i consiglieri di maggioranza correndo però il rischio di tornare a casa con tre anni di anticipo sulla scadenza naturale. Potrebbe infine trovare un escamotage e soddisfare, fino al giro di boa di novembre, gli appetiti degli eletti assegnando alcune deleghe ai consiglieri. Pur senza i benefit degli assessori, godrebbero comunque del ‘ruolo’ e quindi rientrare nei ranghi e respingere la mozione di Pd-M5s. Ma si sa, le vie della politica sono infinite. E quindi non resta che aspettare altre 24 ore.
ppm

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