Consiglieri che gli votano contro provvedimenti importanti ma gli ribadiscono fiducia: una dissonanza, non una stonatura. Donato Toma suona in mi settima nona aumentata. E questo, dice al termine di oltre otto ore di dibattito ininterrotto sui suoi primi due anni di governo, non sempre è comprensibile: «Devi abituare l’orecchio».
La vita è fatta anche di dissonanze e così, spiega, «ho trattenuto la delega ai Trasporti di Niro non per penalizzarlo ma per difenderlo perché era stato esposto». Un graffio. Qualcosa che stona verrebbe da dire ma il presidente del Molise, chitarrista appassionato e riconosciuto, suggerisce che no, non stona. Dà sapore suonare in mi settima nona aumentata.
Conta i voti dal mattino, anzi sa già quale sarà l’esito. La riunione di maggioranza di lunedì è servita a organizzare l’appuntamento con Palazzo D’Aimmo. E il copione viene fedelmente rispettato. Anche dalle minoranze che attaccano forte. «Faide, che brutte parole», dice rivolto a 5s e Pd nella replica Toma. E tira dentro Iorio: «Se facessimo, io per primo, un bagno di umiltà e ci confrontassimo senza il peso dell’esperienza….». Più avanti ancora: «Su sanità e tavolo tecnico condivido quel che ha detto Iorio». Ancora più chiaramente: «Ritengo che lei sia ancora in maggioranza. È l’apertura a un pezzo importante della storia del Molise che ha contribuito alla mia elezione». Dannazione, ecco il tuo fantasma che ritorna e non è strano: cantava Joan Baez in Diamonds and rust (pare l’avesse scritta ripensando alla relazione con Bob Dylan). Toma capirebbe. Senza dissonanze.
Ben altri versi bisognerebbe trovare per come ha respinto toni e contenuti delle minoranze. Di cui ha criticato «il tentativo di delegittimazione ad ogni costo dell’azione di governo del presidente e degli assessori». Che può essere un boomerang, avverte, quando non raggiunge l’obiettivo. Mentre a Roma, dice, Pd e 5s respingono l’idea di nuove elezioni come azione scellerata in Molise vorrebbero tornare proprio alle urne, come se il Covid non fosse qui l’emergenza che è altrove e che pure pentastellati e piddini mettono fra le motivazioni (la sua gestione) della sfiducia. «Incoerenza e irresponsabilità» anche se «sanno bene di non avere i numeri. La maggioranza, è la sua lettura, «non è instabile, ha un forte dibattito interno e la giusta dialettica a volte effervescente».
Nel merito, ha preparato 34 pagine di risposta sulle cose fatte. Ha rivendicato la gestione dell’emergenza Covid, il modello Molise – ha detto – è andato sui media nazionali. «A chi ci ha accusato di promiscuità al Cardarelli ricordo che in quell’ospedale si sono registrati zero contagi». I residui cancellati, le leggi sul commercio e l’artigianato ormai sulla soglia dell’Aula, la sede di Bruxelles ravvivata, «prima dormiva». I minuti volano, taglia il resto che sarà consegnato ai consiglieri e chiude: «La linea di condotta è per me il rispetto delle leggi e il massimo rigore morale, da quando ho indossato la divida da ufficiale dei Carabinieri. Sicuramente ho commesso degli sbagli, un uomo si vede da come si corregge. Mi guardo allo specchio e sono tranquillo». Non dà indicazioni formali di voto ma annuncia che voterà no, non si asterrà. Nelle comunicazioni finali prima del voto per appello nominale, fra le altre cose, rassicura (Iorio e non solo) che condivide l’esigenza di maggior collaborazione coi consiglieri.
… Ecco il tuo fantasma che ritorna, ma non c’è niente di strano: è solo che la luna è piena stanotte e tu mi stai chiamando… Attenzione, ché i ricordi portano diamanti e ruggine, diamonds and rust…
rita iacobucci