L’udienza di ieri mattina davanti al Consiglio di Stato per discutere dei ricorsi sulle regionali ha più facce e ancora più interpretazioni. Di sentenza per ora non se ne parla: si dovrà attendere qualche giorno. Addirittura una ventina nei pronostici più cauti degli avvocati di centrodestra. Forse meno di una settimana sfruttando la rinuncia alla cautelare, ma il condizionale è comunque d’obbligo. Così, in attesa di sapere cosa decideranno i giudici, ci si appiglia al più piccolo particolare dell’affollata discussione di ieri mattina a palazzo Spada. Le domande del presidente, i gesti, persino gli sguardi vengono passati ai raggi X per commenti e analisi. Cosa ha detto il relatore, perché non ha parlato? Domande che alimentano un castello di congetture perché di sentenza non si parla. L’argomento principe della discussione post-sentenza è quella domanda del presidente per “parlare della lista Casini”. Baccarini la lancia lì come un professore che dà la traccia del tema. E spiazza tutti. In aula scende il silenzio perché quell’argomento proprio non se lo aspettavano. Gli avvocati del centrodestra restano per qualche secondo pietrificati, tanto che uno di loro prova anche a dire che avrebbe voluto relazionare su altro. Il presidente, però, non vuole sentire ragioni. Si parla di Udc. Gli avvocati del centrosinistra storcono il naso, ma poi si riprendono. Lo interpretano come un segnale positivo. E partono all’attacco. Non si parla dei vizi procedurali, dei difetti di notifica che tanto hanno animato la discussione nei giorni scorsi. Il presidente dice seccamente ‘‘‘‘no’ agli avvocati che provano a inserire la spinosa questione dei difetti di notifica anche nella discussione. “Presidente, se preferisce li espongo o taccio”. Baccarini oppone un sorridente “taccia”. Si parla di merito, di questione di sostanza. Pure quando i legali del centrodestra tirano fuori dal cilindro la questione delle prove di incidenza e di resistenza, il presidente aggiusta il tiro ricordando che “l’avvocato è andato fuori tema”. Fuori dal cilindro lo stuolo di avvocati che hanno seguito il ricorso di Michele Iorio tirano la questione della volontà popolare: “L’elettorato ha scelto la persona che doveva vincere. La volontà del corpo elettorale né risultata evidente e i vizi formali devono sottostare alla volontà popolare”. Lo dice chiaro e tondo una vecchia volpe del diritto amministrativo, l’avvocato Follieri: “Non mi sentirei di dire che si deve tornare a nuove elezioni per due fogli spillati male”. Al sentir tirare fuori la questione della volontà popolare, gli avvocati del centrosinistra sono saltati dalla sedia. Se il protocollo lo avesse permesso, avrebbero fatto ‘‘‘‘irruzione’ nella discussione della parte avversa. Hanno atteso che il presidente desse loro la parola per sostenere che “si enfatizza la volontà popolare, ma c’è stata una piccola differenza di voti”. Viene quasi voglia ai legali di centrosinistra di evitare la questione della lista Udc, ma si ravvedono e addrizzano il tiro. “Non è un mero vizio formale, si è visto che si tratta di questione di sostanza”.

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