Una partita aperta, dall’esito affatto scontato: il presidente Toma non fa mistero della situazione ‘attendista’ nella quale – per forza di cose – si è trovato. La sua volontà era altra ma «non posso togliere una casella al buio, senza capire come riorganizzare l’intero quadro. Non è il momento di passi avventati» taglia corto mentre prende un caffè al bar, in un sabato pomeriggio dalle temperature roventi. L’assessore Marone è ancora al suo posto e fino a quando l’intero puzzle non sarà completato, difficile dare indicazioni sull’orizzonte temporale della sua ‘rimozione’. «Ho chiesto l’unanimità alla mia maggioranza, indicazioni sulle quali avrebbero dovuto essere tutti d’accordo. E, ad oggi c’è totale convergenza sulla necessità che non ci siano esterni in Giunta ma mancano tre firme in calce al documento sull’organigramma del ‘giro di boa’ (che coincide con il prossimo mese di novembre, quando si dovrà eleggere il presidente del Consiglio, l’ufficio di presidenza e si potranno anche rinnovare le Commissioni consiliari, ndr)». La sintesi del ragionamento non fa una piega: che senso ha togliere una casella se poi il puzzle non può essere ricomposto? Non solo: sul contenuto del secondo documento, quello relativo all’organigramma che dovrebbe accompagnare Toma nella seconda parte del mandato, pare stia crescendo il numero degli scontenti. Forza Italia, intanto: tutti in disaccordo con lo schema immaginato e messo nero su bianco da parte della maggioranza consiliare visto che toglierebbe un assessorato agli azzurri. Quindi, non solo Cavaliere e Di Baggio avrebbero storto il naso (i due non lo hanno firmato, assieme a Mena Calenda che è molto vicina all’assessore di Isernia anche in vista dell ormai prossime elezioni comunali). Anche Armandino D’Egidio, presidente della Terza commissione,avrebbe espresso le sue perplessità e quindi rafforzato il gioco di squadra di Forza Italia. Che è il partito del presidente, particolare non di poco conto. Ma, come si lascia sfuggire il governatore che non aggiunge altro, c’è anche qualche altro consigliere che starebbe cambiando idea, che non sarebbe più d’accordo con quello schema in base al quale l’attuale presidente del Consiglio regionale, Salvatore Micone, entrerebbe in Giunta lasciando lo scranno più alto a Quintino Pallante che, a sua volta, cederebbe il ruolo di sottosegretario al defenestrato (sempre che vada in porto l’intera manovra) Roberto Di Baggio. Inutile provare a ‘scucire’ un nome, quel nome. Toma non si lascia sfuggire mezza sillaba. Non avendo l’unanimità dei suoi, il presidente ha quindi consultato i partiti sui quali si regge la sua maggioranza. «Ho terminato ieri sera» conferma. Non solo i referenti regionali, il presidente ha ragionato con i leader nazionali, da Berlusconi a Cesa passando per i fidati di Salvini e i ‘colonnelli’ di Fratelli d’Italia. «Un supporto importante il loro ma dalle indicazioni contrastanti come era immaginabile». Certo, se in ballo c’è l’assessorato regionale in quota Lega, evidente che Salvini e Colla non siano d’accordo. Se rischia di saltare uno degli azzurri in Giunta, normale che Berlusconi e la Tartaglione non la prendano benissimo. Felici e contenti, di certo, la Meloni e Lorenzo Cesa. Ma manca quel tassello richiesto, che è l’unica variabile che non deve variare: l’unanimità della maggioranza. La partita è aperta, quindi, e l’esito non è affatto scontato.
red. pol.

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