Metti una sera che i governatori aspettano per ore l’arrivo – all’altro capo del personal computer – del presidente del Consiglio dei ministri. Metti che è una notte difficile dopo l’ennesima giornata di piena emergenza Covid e che i nervi a qualcuno stanno per saltare: c’è da trovare un accordo che sembra quasi impossibile sulla fase 2. E il premier si fa desiderare. La bomba la disinnesca Donato Toma: prende la chitarra, fortunatamente l’aveva con sé, e intona Stairway to heaven. Il clima cambia e si distende, Cirio e Zaia cantano i Led Zeppelin senza remora alcuna… Ah! Quella bella donna, sicura che coi soldi si compri perfino una scala per il paradiso…
Tommaso Labate svela sul Corriere l’episodio finora inedito, l’ingresso di Conte che li trova a suonare e cantare. Il Molise col suo governatore ha salvato la serata e dato l’abbrivio giusto per l’intesa che poi arriverà.
Non è un caso che commentando l’articolo del Corriere della Sera, Toma ricordi due governatori del Nord, uno di Forza Italia e uno della Lega. Ha appena concluso un altro incontro in videoconferenza, con la coordinatrice degli azzurri Annaelsa Tartaglione e col commissario del Carroccio Jari Colla. Sul tavolo, la quadra a cui sono giunti i consiglieri di maggioranza (non proprio tutti): via gli esterni dalla giunta e al posto del leghista Marone l’esponente di FdI Pallante.
I due giovani colonnelli dei leader ribadiscono al presidente del Molise quanto ha già sentito da Berlusconi e Salvini. Il Cav ha detto a Toma di aspettare, a settembre ci sono le regionali e il centrodestra si presenta unito. Lui romperebbe l’alleanza con la Lega per seguire le indicazioni, sì della sua maggioranza, ma di queste cose – il rispetto delle intese elettorali cioè – si occupano i partiti nazionali (che sul suo nome sancirono un accordo nel 2018) e non i consiglieri ‘singoli’.
Tartaglione e Colla, che lo ha ripetuto anche nelle dichiarazioni rilasciate a Primo Piano l’altro ieri, hanno chiesto a Toma di tutelare tutti. Anche perché alla fine, se pure volesse far decidere di fatto ai suoi consiglieri (revocando per esempio Marone come chiedono con un documento unanime mentre poi la successione a Marone unanimemente condivisa non è), le conseguenze politiche – qui e a Roma – ricadrebbero su di lui e sulla sua azione di governo.
In sintesi, dopo la videoconferenza a tre, la sensazione è che l’avvocato termolese – titolare delle politiche del lavoro da qualche settimana – sia uscito rafforzato. Se il giorno prima era con un piede e mezzo fuori dalla giunta, oggi è riuscito a riguadagnare l’ingresso nella stanza.
Nessun dettaglio dal governatore sulle decisioni che prenderà. «Con i coordinatori di Forza Italia e Lega ci siamo chiariti sulle ipotesi in campo e ci siamo lasciati con ottimi auspici. Rifletto fino a domenica e poi faccio degli aggiustamenti. Manterrò gli impegni con tutti», assicura.
Quindi, assegnerà deleghe a tutti gli eletti e per questo dovrà modificare probabilmente anche quelle di qualche assessore. Ma la revoca di Marone ora sembra ipotesi molto lontana. Glielo ha chiesto tutta la maggioranza. «Le indicazioni sono motivo di riflessione – concede solo in chiusura – una cosa è certa: dovrò attivarmi per raggiungere la massima riflessione di tutti».
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