Percentuale bulgara (80%) per la deroga al tetto dei due mandati ai consiglieri comunali. Più combattuta la vittoria del sì, sulla piattaforma Rousseau, alle alleanze coi partiti tradizionali per le amministrative: ha detto sì il 59,9% degli attivisti 5s.
Via libera, quindi, alla ricandidatura di Virginia Raggi a sindaco di Roma che commenta: «Ora avanti a testa alta». Terzo mandato, in previsione, anche per parlamentari e consiglieri regionali. «Trovo giusto aver precisato la questione per i portavoce comunali. Sono magari quelli che si spendono di più per il territorio e va bene dare loro la possibilità di continuare a lavorare», commenta il deputato Antonio Federico. Che ritiene però che il discorso sia diverso per il Parlamento e i Consigli regionali. Il dibattito, per ora, su questo punto non c’è.
Il sì alle alleanze, ha detto Di Maio prima del voto su Rousseau, perché «evolversi è giusto». Il lasciapassare per l’accordo con Zingaretti di fatto già siglato. Non sulla Raggi, però. Dopo il responso della rete, il segretario dem si affretta a dichiarare: non appoggeremo la Raggi. E Sala, da Milano, rifiuta il soccorso pentastellato: se mi ricandido non penso a intese coi 5s.
Ad ogni modo, è evoluzione o stravolgimento allearsi con gli ‘altri’? «Non è uno stravolgimento, stiamo maturando – ragiona il consigliere regionale molisano Angelo Primiani – Da movimento di protesta, M5s è diventato forza di governo. Ha accettato compromessi, pagandone anche le conseguenze, si vedano i sondaggi e i risultati dove si è votato. Il verdetto di Rousseau apre a una possibilità, anche se l’ultima parola resta ai territori». Il percorso era già avviato, in Emilia per esempio il disgiunto a Bonaccini. Ma non è, precisa Primiani, un disco verde all’intesa col Pd tout court. In Liguria c’è l’alleanza col Pd, in Puglia e altrove M5s va ancora alle urne da solo. «Il voto di giovedì non ha tracciato la linea politica. Quello lo faranno gli Stati generali che tutti stiamo aspettando, avrebbero dovuto tenersi in primavera ma sono stati rinviati per via del Covid. Il congresso definirà la linea e sarà l’occasione per chiarirsi. Per il resto, è chiaro che noi siamo in fase anticiclica, essendo al governo. Ma i valori fondanti non sono intaccati», chiude il consigliere regionale.
«In Parlamento abbiamo aperto due forni – approfondisce Federico – Abbiamo governato prima con la Lega e ora lo stiamo facendo col Pd. È giusto quindi che sui territori ci si possa aprire ai partiti tradizionali e ad altre forze. La Liguria, per esempio, è un buon esperimento. E non c’è più rigidità nella base». Una resa al bipolarismo? «No, non una resa. E poi oggi il bipolarismo non è più centrodestra e centrosinistra. È sovranismi da una parte e qualcosa di diverso dall’altra. Se vogliamo stare dall’altra parte dei sovranismi, dobbiamo capire cos’è questa cosa diversa».
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