Sei anni e mezzo da consigliere regionale (una legislatura intera e una interrotta, che in Molise capita sovente) ai tempi del vitalizio hanno fruttato 2.900 euro lordi al mese, a spanne 1.500 netti. Stessi anni col sistema contributivo fruttano 590 euro lordi al mese, cioè 360 euro netti circa.
Quando l’Assise di via IV Novembre cancellò i vitalizi, il governatore del Molise era Michele Iorio. Privilegio per antonomasia, che consente a chi è stato anche per una sola legislatura (o uno scampolo) a Palazzo D’Aimmo di percepire 2.200 euro lordi al mese al compimento dei 60 anni (o dei 55 con una piccola decurtazione), nel 2012 fu abolito a partire da subito. Agli eletti di quel mandato, durato un anno e mezzo perché poi il responso del voto del 2011 fu annullato, non spetta il vitalizio.
Fra loro c’è Filippo Monaco che entrò nell’Assemblea legislativa in minoranza, ci tornò nel 2013 e nella seconda metà del mandato aderì ufficialmente alla maggioranza di Paolo Frattura, per conto della quale fu vicepresidente del Consiglio. Gli uffici regionali ora gli hanno fatto i conteggi: dal 1 settembre percepirà una pensione di 590 euro lordi al mese.
Nel 2015, con la manovra finanziaria, fu introdotto il sistema previdenziale contributivo dei consiglieri regionali (lo stesso dei parlamentari). Venne giù comunque un diluvio di critiche. Per farla breve, oppositori del centrosinistra (5s in testa e centrodestra) e opinion maker molisani gridarono allo scandalo: il vitalizio, questa la sintesi, uscito dalla porta rientra dalla finestra.
Ma come è andata? Monaco racconta la sua esperienza. Da consigliere regionale percepirà 360 euro netti al massimo. E ha dovuto versare per il periodo trascorso in Assise 4mila euro annui di contributi figurativi relativi al suo lavoro in Fiat, per mantenere la continuità contributiva utile a portarlo alla pensione.
«Noi avemmo il coraggio di abolire il vitalizio, su questo non c’è dubbio. Insieme ad altri, poi, ero dell’idea che si dovesse abolirlo e basta. Ma da questo alla propaganda populista che sul nuovo sistema previdenziale venne realizzata…», dice Monaco a Primo Piano. «Io sono del parere che sia giusto e corretto che tutto debba essere calcolato in base a quello che si è versato. Quando sono entrato in Fiat, sarei potuto andare in pensione con 35 anni di contributi, il massimo che potevo versare, e col 90% del mio ultimo stipendio. Nel frattempo le cose sono cambiate, me ne andrò con il misto se non lo cambiano. Per la Fornero servono almeno 43 anni e 10 mesi di contributi e 62 anni di età. Se questo vale per i cittadini non si possono fare figli e figliastri, quindi la pensione dei politici o di altre categorie non può essere un privilegio, soprattutto in questo momento di difficoltà». Gli sta bene, dunque, che il suo assegno sia di 350-360 euro netti. «E mi fa piacere rispondere alle domande del suo giornale su questo argomento – prosegue – a fronte delle ingiurie e degli improperi che abbiamo ricevuto. Trovo vergognose le guerre per ripristinare i vitalizi, per essere chiaro, e lo stesso penso di chi richiede il bonus da 600 euro quando percepisce migliaia di euro di indennità».
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