Risponde al telefono fra una videoconferenza con Roma e la preparazione dell’incontro di oggi pomeriggio sulla vertenza Gam.
Il profilo di Donato Toma nella partita referendaria è stato forzista, non leghista: ha votato no ritenendo che il taglio tout court, se non inserito in un quadro riformatore unitario, sia un elemento di danno per i territori e per il funzionamento dei meccanismi parlamentari e democratici.
Conferma la sua convinzione commentando i primi dati, già assai significativi. Tendenza subito chiara, margine molto ampio, il Molise che è andato a votare lo ha fatto per cancellare 345 posti in Parlamento.
«Vivremo tempi brutti, il Molise perde almeno un parlamentare», dice il presidente della Regione. «I cittadini alla politica chiedono molto, inutile nasconderlo, anche a livello personale. Pubblicamente, poi, come dimostra il risultato del referendum, censurano quello che ritengono un sovradimensionamento della classe dirigente. Cosa che invece non è. L’assetto e i numeri delle Camere furono definiti in sede costituente, la loro revisione quindi dovrebbe essere incastonata in una riforma complessiva», aggiunge Toma.
Meno parlamentari, gli stessi strumenti di prima: ne conseguirà un rafforzamento dell’esecutivo, senza che però si sia compiuta una scelta presidenzialista, per esempio – aggiunge il governatore – sul modello francese. E anche le segreterie di partito, se non si eliminano le liste bloccate, potrebbero avere ancora più voce in capitolo.
Quel che è certo, è che dove contano i numeri – nelle assemblee è così – «la nostra rappresentanza perde terreno» e non è detto – ancora Toma – «che la riduzione degli scranni significhi un aumento della qualità della rappresentanza». Nei consessi diversi, dove non è determinante l’aritmetica, «il Molise riesce a farsi ascoltare, lo dico senza falsa modestia. Alla Conferenza delle Regioni e nei tavoli nazionali, ho voce in capitolo per il Molise. In Parlamento è diverso, lì con – almeno – un eletto in meno i piccoli territori soffrono. Ripeto, questo maquillage costituzionale andava contestualizzato in una riforma ampia e complessiva. Certo, se il popolo ritiene di volere questo rispettiamo il volere del popolo», conclude il numero uno di Palazzo Vitale.