La mattina dell’8 gennaio 2013 il nome di Micaela Fanelli compare sul tavolo di Pierluigi Bersani, allora segretario del Pd. L’ex sindaca di Riccia è in corsa al Senato, non in Molise ma in Calabria. In calce alla richiesta di candidatura la firma di Matteo Renzi. Per anni renziana di ferro, assieme ad altri amici ha mollato il senatore di Rignano più di un anno fa. Ma ancora oggi possiamo considerarla come una delle persone che conosce più di altri il leader di Italia Viva.
Consigliera Fanelli, lei che è stata per lungo tempo vicina a Renzi, ha compreso le ragioni di questa crisi politica aperta nel pieno di una pandemia?
«Per niente. Come buona parte degli italiani. Proprio perché ho dato molto al progetto di Renzi all’inizio della sua parabola, quando stare dalla sua parte era controcorrente e difficile, ma necessario – perché serviva un Pd più moderno, plurale e aperto – sono ancora più sconcertata oggi. Sta giocando una partita a poker e sta rilanciando, ma in ballo ci sono le sorti dell’Italia e dell’Europa, non solo le sue. Per questo dico “basta”! Ha evidenziato ragioni di merito in buona parte fondate e valide. Ma aver ragione non è sufficiente. E mi riferisco ai contenuti del Recovery Plan, all’inizio sicuramente carenti. E allora contano i modi e la responsabilità. Ha esagerato diventando incomprensibile.
Ma quello che ora importa non è Renzi, abbiamo urgenza di un governo e di una maggioranza solida. Renzi, se vuole, faccia la sua parte. Zingaretti la sta facendo. Ha avanzato sei chiari punti programmatici. Gli altri alleati della maggioranza uscente hanno aperto le porte e sono pronti a discutere un programma di legislatura da portare avanti insieme. La ‘politica’ richiede questo! Il Presidente Mattarella richiede questo. Ma soprattutto la pandemia richiede velocità (soprattutto per i vaccini anti Covid) e responsabilità di governo. L’economia e il lavoro hanno necessità di essere rilanciati, anche per le generazioni future. E Renzi verrà valutato dagli italiani sulla capacità di leggere, valutare e contribuire a costruire in questo momento un migliore e più alto destino comune».
Renzi non pone veti su Conte, ma è evidente che preferisce un altri leader. Tra Conte o Draghi secondo lei chi può gestire meglio l’emergenza sanitaria, sociale ed economica?
«Il punto non sono le qualità individuali. Entrambi hanno meriti e competenze. Il punto è politico. E il Pd, insieme agli alleati, indica Conte come la migliore soluzione di equilibrio».
Pd e M5s, mai stati così vicini. Pure convenienza per evitare di consegnare il Paese in mano a Salvini e Meloni oppure l’inizio di un progetto politico duraturo?
«Le due cose si tengono. Ma partiamo dalla seconda, quella più importante, perché i progetti duraturi e capaci di produrre effetti benefici non si fondano sui contro, ma sui “per”. È questo il senso che va ritrovato. Il Pd e M5s, insieme ad altri partiti presenti in Parlamento, da tempo ormai stanno costruendo un progetto politico riformista. Che per tratti coincide con la convinzione che una guida ultranazionalista sarebbe devastante per l’Italia. La pandemia e l’economia richiedono ancora di più soluzioni globali e che spostano i nuovi rapporti di forza e di equilibrio internazionali. Questi non possono che essere a guida della famiglia dei partiti socialista e laici, che guardano all’Occidente e che hanno gioito per la fine dell’era Trump. Tutto si tiene. Oggi l’alleanza Pd/5Stelle si regge su questa visione. La traiettoria da Washington a Bruxelles, passa da Roma. E su molte scelte dobbiamo essere più coraggiosi. Penso alla sfida più importante: la lotta alle disuguaglianze e alle crescenti povertà. E su questo grava la responsabilità del documento principale deliberato da ultimo dal Governo, il Recovery Plan. Green, digitalizzazione, coesione, investimenti, lavoro, formazione, riforme, giovani: un programma di fine legislatura per me già c’è ed è ben descritto nell’essenza del Piano. Aggiungerei più forza al riequilibrio territoriale e di genere, soprattutto per garantire la qualità della sanità su tutto il territorio nazionale e un lavoro che blocchi lo spopolamento di molte aree del paese. Questa alleanza giallorossa fra i meriti principali annovera proprio quello di aver contribuito a far cambiare la ricetta dell’Europa rispetto alle crisi. Da austerità, esclusione e riduzione dei diritti sociali che scaturiscono dalle ricette post crisi 2008 a espansione, sanità pubblica, investimenti. Per l’istruzione e i cambiamenti climatici. Tutto questo va ben oltre la tattica momentanea. In Molise significa ad esempio superare i nefasti effetti del Balduzzi, in sanità, per dirne una. Significa la scelta che mette al centro un ambiente che diventa anche opportunità di sviluppo. Leggo oggi le valutazioni di Legambiente su un importante quotidiano nazionale e vedo la bocciatura della proposta di un nuovo ospedale nella provincia di Isernia, che era uno degli studi di fattibilità presentati da Toma fra i 67 progetti del recovery che hanno incontrato un semaforo rosso nell’attuale documento.
Questioni su cui Pd e 5Stelle stanno confrontandosi a tutti i livelli. È una chiarissima direzione di marcia che ci vede alleati anche con gli altri partiti e con molti del partenariato e del tessuto intermedio».
Vale anche per la Regione Molise?
«Certo. Ho messo in evidenza uno schema politico con saldo posizionamento valoriale, con delle scelte operate sui grandi temi e strumenti che chiedono attuazione veloce e riforme di contesto, a partire da quella dell’ammodernamento della PA. Proviamo, per esempio, a dare un contributo di idee anche insieme all’Università del Molise, per impostare un progetto di smart working per un nuovo modello sociale e di lavoro. Per lanciare la sfida alla corruzione, all’incompetenza, ai privilegi. Per favorire una crescita equa. Su queste basi programmatiche salde, su un’alleanza sociale vasta e che comprende pluralità di soggetti e di sensibilità, credo che possa partire un lavoro anche qui. Si deve cercare un’aria comune programmatica, in linea con l’alleanza politica e di lungo respiro che si sta ricercando a Roma, con una chiave di volta riformista e solidale, di rinnovamento. Aggiungo altri elementi di fatto. Penso alle scelte in materia sanitaria che abbiamo portato avanti insieme perché ci fossero percorsi per il covid separati, ma anche all’ambiente, all’acqua pubblica, alla cooperazione, ai trasporti, alla scuola, alle battaglie di trasparenza come quella per non svendere gli asset informatici regionali e Molise Dati o per non perdere le occasioni programmatiche in corso di costruzione, progetti del recovery e nuova programmazione UE per favorire buone imprese e buon lavoro. Per uscire dalle Cig, dai precariati, dal lavoro nero o dal nessun lavoro che sono il vero nemico da sconfiggere dopo la fine della pandemia. E penso anche ai nuovi esperimenti territoriali che si sono già avviati o che sono in corso e che vedo con grande favore. Molti di noi si adoperano e si sforzano sulle diverse ‘sponde’ per poter smussare gli angoli – e ce ne sono! -, diradare le nuvole e far affermare questo disegno».