Incassa il colpo Danilo Leva. Se sia stato o meno convocato a Roma per dar conto del risultato di Bersani che i colonnelli del segretario si aspettavano più ‘‘‘‘rotondo’ o se invece sia impegnato in altre cose, poco cambia. Il vertice del Pd – non solo il segretario – ha un problema da risolvere. Leva in particolare riceve bordate da chi siede nella sua segreteria e spara contro l’apparato. Micaela Fanelli continua la campagna per Renzi e indica nella percentuale più bassa raccolta nel Sud dal segretario nazionale (Bersani è andato peggio solo in Puglia, comprensibilmente) come uno smacco per l’establishment. Va oltre il sindaco di Riccia. Affianca alla bad performance dell’ex ministro l’exploit di Nichi Vendola. Leva finisce così nell’angolo. Perché solo chi non vuole non coglie il sottinteso locale: Fanelli e i vendoliani stanno con Frattura, ritengono inutili nuove primarie. Il gruppo dirigente che ha sostenuto Bersani, invece, Frattura lo ha già derubricato a candidato alle nuove consultazioni popolari per il governatore. Così legge i giornali Leva, vede materializzarsi la graticola su cui si muove da domenica sera. E si infuria. “I numeri non si leggono in maniera unilaterale. In Molise la distanza fra Bersani e Renzi è più alta della media italiana”, si sfoga. E questo, però, nessuno lo dice. Neppure lui lo ha scritto nella nota con cui ha rivendicato il successo e chiamato alla mobilitazione in vista del secondo turno di domenica. Ha peccato di reticenza per quieto vivere? Fatto sta che sotto attacco è finito lui e viene messo in discussione. Le voci che parlano di un commissariamento, certo, non hanno sulla carta grossi fondamenti logici. Leva è stato eletto tre anni fa dal ‘‘‘‘popolo’ del Pd e nella storia del partito in Molise c’è stato un solo ‘‘‘‘commissariamento’

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