Le Province sono salve e pure il governo pare essersi arreso all’ostruzionismo di Senato e Camera. Ieri sera intorno alle 20 si era riunita la commissione Affari costituzionali per discutere gli emendamenti al decreto legge, già minato da una serie di veti incrociati e di opposizioni strenue. Ridotto a brandelli, è stato definitivamente messo in un angolo. Intorno alle 22 c’è il dispaccio dell’Ansa in cui si dice che “il decreto sul riordino non verrà convertito”. Il provvedimento che riorganizzava le province italiane non sarà convertito in legge. E’ quanto è emerso dalla seduta della commissione Affari costituzionali che si è tenuta questa sera, preceduta da una riunione ristretta dal presidente di commissione Carlo Vizzini, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, il ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi e il sottosegretario Antonio Maraschini. Commissione e governo hanno preso atto della quantità di emendamenti e subemendamenti presentati al provvedimento e hanno ritenuto che non fosse possibile approdare in aula domani pomeriggio come stabilito dal calendario del Senato. “Il destino di questi mesi è di perdere occasioni importanti – ha commentato Vizzini – è stato fatto uno sforzo per trovare le condizioni complessive per approvare questo provvedimento atteso ma non è andato a buon fine”. “Il governo – ha commentato Patroni Griffi – ha fatto quello che poteva. Oggi (ieri per chi legge, ndr) ha preso atto della situazione”. A questo punto sarà necessario probabilmente escogitare una norma che coordini le disposizioni sulle province previste dal decreto salva Italia e dalla spending review. Ma sulla possibilità che questa norma sia inserita nella legge di stabilità Patroni Griffi non risponde: “Probabilmente ci sarà qualche intervento del governo ma ora non so rispondere”.

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