Sempre più determinato e convinto che se la coalizione formata da “Pd”, “5 stelle”, “sinistra” e “civici” la guiderà il Movimento, «le elezioni possiamo vincerle con il 60/70%». E per “altri” non s’intende chiunque voglia salire sul carro, è chiaro. O almeno dovrebbe esserlo a chi Andrea Greco lo conosce e conosce fin dove può estendersi il perimetro della sua filosofia.
Il capogruppo del Movimento in Consiglio regionale è ancora più convinto dopo aver appreso i risultati di una indagine affidata ad un istituto demoscopico che per conto dei 5 stelle ha sondato il gradimento e gli orientamenti dei molisani.
La strada che porta all’intesa, però, con gli alleati sembra tutt’altro che in discesa.
Greco, poche ore fa ha scritto su Facebook: «Il MoVimento 5 stelle non è e non potrà essere una succursale del Partito democratico, lo ha detto in maniera chiara il nostro capo politico Giuseppe Conte. Qualora fosse necessario, lo stesso identico principio vale a livello regionale. A maggior ragione in Molise, dove abbiamo dimostrato con il costante e incessante impegno, che siamo la totale discontinuità dal passato. Se qualcuno pensa di poter mancare di rispetto alla nostra storia e al lavoro che abbiamo svolto in opposizione in questi anni fa un gigantesco errore di valutazione». Che succede? Cosa ha scatenato la sua reazione?
«L’ennesima intervista di Micaela Fanelli».
Cosa avrà mai detto la Fanelli?
«Francamente non l’ho capito. Il Movimento si è seduto al tavolo con il Pd e con i partiti che storicamente appartengono all’area a cui il Pd fa riferimento. Abbiamo stilato una sorta di road map e ci siamo detti: voi fate le agorà, noi stimo tenendo una serie di incontri tematici sul territorio. Al Pd abbiamo anche detto: dialoghiamo con voi ma se vogliamo allargare la coalizione – e certo non la allarghiamo includendo Vincenzo Niro e Salvatore Micone perché è chiaro che preferisco l’avvocato Massimo Romano o quelle persone che nel tempo hanno dato anche prova di avere delle competenze (mi dispiace che Massimo Romano abbia deciso di lasciare la politica attiva perché c’è una miseria in giro che spaventa) – abbiamo la necessità di approfondire questioni e aspetti, limare qualche spigolo, e per farlo serve tempo. Ok? Ennesima intervista di Micaela Fanelli che sostiene che il Partito democratico nella coalizione di centrosinistra è trainante, quindi bisogna muoversi, vedersi subito e non ho ben capito cos’altro. Eh no! Sinceramente no. Se è questa la modalità operativa, andate avanti, dico al Pd. Noi per i fatti nostri, voi per i vostri. E tanti auguri. Guardi, voglio anche andare oltre quello che ci siamo detti. Ma se stai dialogando con una forza politica, non fai i comunicati stampa o le interviste. Questa cosa non la capisco. Se stai dialogando con me, se hai qualcosa da dirmi, alzi il telefono e mi chiami. Abbiamo tra l’altro stabilito: si va verso l’estate, periodo in cui l’attività fisiologicamente rallenta. A settembre serriamo le file. Ci vuole del tempo, signori miei. Se questa coalizione va costruita, va anche spiegata. Tante persone ad oggi non capirebbero. Vanno spiegate le ragioni, da dove nasce, perché nasce, dove si vuole arrivare».
Probabilmente la capogruppo del Pd ha fretta, vuole vincere le elezioni.
«Non bisogna vincere, a me non me ne frega niente – mi scusi il termine – di vincere. Io voglio cambiare la regione dove vivo, che è un concetto diverso. Perché anche Toma ha vinto ma non ha cambiato una virgola della mia regione. Se non lo capiamo, purtroppo rimarremo impantanati per altri cinque anni. Non voglio vincere e restare ingessato nelle dinamiche di una coalizione che non funziona. Se vinciamo è perché ci devono essere le basi per provare un minimo – e dico un minimo – a invertire la rotta, che già sarà difficile. Va da sé che se non ci sono i presupposti politici puoi anche vincere, ma poi non riesci a realizzare i tuoi propositi».
Greco, la vita di coalizione è complicata. Potrebbe anche accadere che gli alleati le chiedano di ridimensionare le sue ambizioni. Di fare un passo di lato o indietro.
«Sono fermo nella posizione di partenza: al momento non ho fatto nemmeno un passo avanti. Sa perché? Perché voglio capire prima quali sono le condizioni. Non voglio bruciare la passione che ho, la voglia che ho. Non voglio bruciare il duro lavoro di questi anni in Consiglio regionale. Glielo dico con tutta la cautela possibile: abbiamo commissionato un’indagine demoscopica. Dalla quale viene fuori – parlo di un dato scientifico – che uno su due degli intervistati, pochissimo meno di uno su due, riconosce in me la persona che si è spesa maggiormente in opposizione, la persona che ha fatto meglio il lavoro in opposizione. Dall’istituto che ha eseguito l’indagine mi hanno detto: poche volte abbiamo visto un dato così alto. Sono numeri soddisfacenti, hanno commentato. Un uscente che da candidato ha preso il 38% da solo – lo ribadisco sempre, altrimenti sembro Donato Toma: non è il 38% mio, lì c’era una grossa percentuale del Movimento 5 stelle –, in un altro scenario non si discuterebbe proprio. Dovrebbe essere la coalizione a dire: sei tu il candidato, sei il più riconoscibile e il più apprezzato, quindi abbiamo possibilità di riuscita. E questo è un fatto, documentato. Chiaramente io sono pronto non ad uno ma a dieci passi di lato se mi portano una persona che si è spesa più di me nella tutela della sanità pubblica, nell’affermazione dei diritti dei molisani, una persona che sia maggiormente riconoscibile, maggiormente spendibile. E sinceramente non accetterei il discorso del civico calato dall’alto».
Perché sui civici è scettico?
«Lei affiderebbe mai la sua bimba nelle mani di uno sconosciuto per farla accompagnare all’asilo? Io non affiderei mai il Molise nelle mani di una persona che non ho visto come vota, come si muove in Aula, come pensa, come si comporta e come ragiona sui vari temi in discussione. Magari si presuppone possa essere adatto semplicemente perché è un accademico o piuttosto un magistrato? Per me la storia professionale di una persona, per quanto costellata di successi, non corrisponde esattamente al profilo del bravo presidente di Regione. Ecco, mi dicono che Toma sia un ottimo commercialista, un bravissimo revisore dei conti, il più bravo dei presidenti degli Ordini dei commercialisti. Secondo me è stato un pessimo presidente di Regione. Questo l’assunto da cui parto. Ma naturalmente se dovesse esserci una persona su cui riusciamo a capitalizzare il consenso e la benevolenza dei molisani io sono felice».
Sembra tuttavia di capire che venderà cara la pelle.
«Non è presunzione. Vorrei solo provare a cambiare la regione. Ho 36 anni, tra poco ne compirò 37. Sento di avere l’energia necessaria per poter muovere le montagne. Quando governi devi avere anche un po’ di sana incoscienza, devi avere la voglia e l’energia per andarti a sedere in quei tavoli dove si decide di sanità, di trasporto pubblico locale, per esempio, e devi reclamare i diritti dei molisani. E per farlo serve tanta energia. Non me ne voglia l’assessore, ma quando guardo Cotugno provo un senso di sincera tenerezza. Vorrei tanto consigliargli di dedicarsi ai nipotini. Abbiamo bisogno di energie positive, nuove, giovani, di persone che hanno voglia di fare, altrimenti dal pantano non usciamo».
Le legge elettorale non prevede il voto disgiunto. Il suo sogno di cambiamento passa necessariamente per la vittoria delle elezioni. Servono le liste. Solo con i sogni la regione non cambia.
«Il Movimento nel 2018 correva con regole che andavano contro il Movimento stesso. Non poter stingere accordi, alleanze, è stato fortemente penalizzante per noi. Questa volta avremo la possibilità di coalizzarci che significa ovviamente poter dialogare con quelle forze politiche che sono in assonanza con noi, con i nostri temi, con i valori di sempre del Movimento. Certamente c’è un tema da mettere al centro del dibattito che è la tutela della sanità pubblica. Che non significa avversare i privati, sia chiaro. Non ho avversari tra i privati, anzi credo che alcuni di loro, in alcune zone del Molise, svolgano un ruolo importante. Però ce ne sono altri che oggi di fatto rispondono alle esigenze non del Molise ma di tutto il Centrosud, contabilmente però sono a carico nostro almeno a livello di anticipo di grosse somme di denaro. Questo crea delle situazioni di scompenso economico serio, per ammissione dello stesso presidente di Regione, che dopo tanti anni mi ha dato ragione. Toma in Aula ha affermato: Greco ha ragione quando dice che i meccanismi di pagamento sui privati accreditati non ci consentono di uscire dal piano di rientro. È quello che sostiene da anni il tavolo tecnico e finalmente pare se ne sia accorto anche Toma».
Conviene che questo non è un problema. Si tratta di gestire diversamente i flussi finanziari. E deve intervenire Roma.
«Sono d’accordo. È una questione che va affrontata e risolta a livello ministeriale. Ma nel medio tempo e in attesa che si risolva devi darti delle regole diverse. Servono regole contabili certe, tenendo presente che negli ospedali pubblici talvolta diventa difficile persino sottoporsi ad una diagnostica di base. Per una tac servono sei mesi. Sei mesi per una tac in un ospedale pubblico significa, nel caso quell’esame sia indispensabile per scoprire una patologia subdola, che sei condannato a morte. Su questi argomenti bisogna battersi in maniera feroce e rapida. Oggi abbiamo la grande possibilità dei fondi del Pnrr e non solo quelli: bisogna investire tutto in ammodernamento del parco tecnologico e creare una squadra per reclutare il personale. Serve poi un team che si occupi di comunicazione istituzionale a livello serio in tutti gli ambiti. La Regione non ha un settore specifico per la comunicazione istituzionale. Pensi ai bandi europei o alla comunicazione della stessa Asrem: sono affidate a persone che professionalmente fanno altro. Ciò si riverbera in maniera esageratamente negativa sui molisani. È necessario investire su un team che lavori senza sosta al reclutamento dei medici. Capisce che la carenza di personale è la nostra più grande emergenza sanitaria e non abbiamo chi recluta i medici? Non è possibile una cosa del genere. Bisogna investire in maniera seria, subito. E il personale deve sapere che lavorerà in strutture idonee e moderne. Oggi i medici si specializzano attraverso le più alte tecnologie, penso alla medicina robotica. Poi arrivano in Molise e non trovano un banale ecografo. Capisce cosa voglio dire? Ad Agnone hanno chiuso il laboratorio analisi e hanno attivato uno strumento per la diagnostica a distanza che tuttavia non funziona come dovrebbe. I medici non vogliono fare più i turni di notte. Dicono: arriva una persona con un infarto in corso, non abbiamo gli strumenti per la diagnosi, se accade l’irreparabile la colpa è nostra. E hanno ragione».
È evidente che la materia è troppo ampia e anche assai complessa. Necessario riparlarne appena possibile. Torniamo alla politica e alle alleanze. I paletti di Andrea Greco. Sono più o meno noti, ma magari nel tempo le cose cambiano.
«No, no! Non è cambiato e non cambierà nulla. Sì all’alleanza con il Pd e con chi ha a cuore i temi del Movimento, no forte, deciso, determinato ai trasformisti, a chi si sposta da una parte all’altra come fosse uno sport, a chi ha avuto incarichi di governo, a chi sta consentendo a Toma di distruggere il Molise».
Ascolti. Siglate gli accordi e fissate il perimetro. Il giorno della presentazione delle candidature scopre che nella lista “Molise 4.0” (nome di fantasia, ovviamente), lista satellite del Pd, è candidato “Pinco Pallo” che attualmente siede in maggioranza con Toma. Che succede?
«Posso risponderle con un “no comment”? Guardi, se sono questi i presupposti, il Pd o chi per loro può tranquillamente giocarsi la sua partita e noi faremo altrettanto. Secondo il sondaggio (non propriamente un sondaggio, ndr) di cui le parlavo, il Movimento 5 stelle in Molise si colloca in una forbice che va dal 25 al 30%. Questo deve essere il punto di partenza. Non vorrei essere frainteso, non sto dicendo che il Movimento deve avere una posizione predominante rispetto agli altri: pari dignità al Pd e a tutte le ulteriori componenti. Ma nessuna fuga in avanti. Ho una convinzione: se la coalizione la guiderà il Movimento 5 stelle, per quello che abbiamo fatto, per la nostra storia, per quello che ci riconoscono i molisani, quel 30% diventa 60/70, sicuro. Se non saremo noi a guidare la coalizione, non lo so. Ovvio che la nostra percentuale può solo crescere ma a patto che l’alleanza rispetti i canoni del buon governo e non del vincere a tutti i costi. Altrimenti, non vorrei sembrare ripetitivo, amici come prima».
Un’ultima domanda. La chiama il segretario del Pd Facciolla e le dice: fermo restando tutto quanto stabilito, lasciami passare il candidato “X” e per “X” si intende uno di quelli che lei e il Movimento ritenete non abbia fatto bene al Molise. Ma è uno solo. Che fa?
«Direttore, la mia voglia di fare si trasforma in energia negativa quando sento certi ragionamenti, davvero. Credo che queste ipotesi non appassionino nessuno e nemmeno il segretario del Pd, che sa bene come io e il Movimento la pensiamo. Andiamo avanti e proviamo a cambiare questa regione».
Luca Colella