Un consigliere regionale deve ricorrere al Tar per chiedere di ottenere degli atti che ha sollecitato all’assessorato alle Attività produttive.
È la nuova frontiera del rapporto oramai anche formalmente conflittuale fra l’ex presidente di Palazzo D’Aimmo Vincenzo Niro e l’esecutivo guidato da Paolo Frattura. Dopo un accesso agli atti che non ha sortito effetti – all’istanza è seguita anche una diffida – Niro ha portato la Regione Molise davanti ai giudici amministrativi. Per questioni di ordine procedurale, la via giudiziaria per ora si è fermata. Ieri l’udienza in camera di consiglio, all’esito della quale la sintesi è che dovrà essere riproposta una nuova domanda alla Regione. Ma al di là del dato squisitamente giuridico (nella causa Niro è assistito dagli avvocati Alessandra Carlomagno e Felice Pettograsso), la vicenda ha un interesse politico.
Cosa aveva chiesto Niro all’assessorato di Veneziale? Di sapere chi ha presentato le manifestazioni di interesse per investire nell’area di crisi complessa, i nomi cioè delle quasi mille aziende che hanno risposto alla call di Invitalia (che non era un vero e proprio bando). Secondo Niro, nulla di straordinario. Rientra nel suo mandato popolare. Al consigliere l’assessorato ha risposto inviando il parere del Mise, secondo cui invece è impossibile fornire questi dati – pure a un consigliere regionale in carica – perché a questo stato del procedimento si viola la legge sulla privacy.
Niro, dunque, dovrà ora riproporre l’istanza di accesso. E, assicura, lo farà.

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