Il quadro politico nazionale e locale è assai confuso. I partiti tradizionali arrancano. La nuova classe dirigente, che finora non ha dimostrato di avere stoffa e qualità, fatica ad emergere, ad affermarsi. Giovani belli, bravi, curati nell’aspetto, dai buoni propositi. Talvolta – ma non sempre – anche con un percorso accademico di tutto rispetto. Le idee che esprimono, però, assomigliano molto a spot pubblicitari studiati a tavolino: travolgenti, di grande impatto mediatico. Nella sostanza, poi, c’è davvero poco. Quasi nulla.
In Molise tra pochi mesi si torna alle urne per il rinnovo del Consiglio regionale.
Il centrosinistra, profondamente lacerato, si presenterà agli elettori con almeno due schieramenti: uno guidato dagli scissionisti Ruta e Leva, l’altro dal governatore uscente Frattura.
Il Movimento 5 Stelle va avanti per la sua strada.
Acque agitate pure nel centrodestra. Patriciello, eurodeputato di Forza Italia, ancora non ha sciolto le riserve, ma in una recente intervista pubblicata anche da Primo Piano ha sostanzialmente promosso l’operato di Paolo Frattura, con cui a Palazzo d’Aimmo è alleato.
Poi c’è chi con qualche fuga in avanti, come ha fatto di recente Massimo Romano, ha posto il veto alla ricandidatura di Michele Iorio. Qualcuno tra i partiti di area, invece, tentenna.
Ma lui, l’ex presidente, tira dritto e sembra non voler sentir ragioni. «Sto incontrando i cittadini – spiega Iorio con la proverbiale serenità di cui è dotato – in tutti i comuni della regione. Noto che l’iniziativa politica di Raffaele Fitto piace, così come riscontro affetto e consenso tra la gente. Sulla base di questi presupposti ho dato da tempo la disponibilità a ricandidarmi alla presidenza. Ormai ci siamo, a gennaio (se non prima) presenteremo le liste: il calore che raccolgo incontrando le persone mi induce ad andare aventi senza indugio».
Immagina, presidente, di riuscire a riunire il centrodestra?
«Certo, immagino un centrodestra unito. Se ciò sarà possibile. C’è qualche distinguo, qualche equivoco che va chiarito. Da parte mia nessuna preclusione».
E se le dovessero chiedere un passo indietro per l’unità della coalizione?
«Voglio risponderle con puntualità e sincerità: dal momento in cui ho dato la mia disponibilità a ricandidarmi per guidare la Regione ho riscontrato solo consensi. Prova evidente è stata l’affollatissima convention a Campobasso con Raffaele Fitto, un evento storico in termini di partecipazione. Trovo riscontri in tutta la regione. Nel basso Molise, nell’area del Trigno, anche in zone che potrebbero sembrare più distanti (politicamente) e ostiche come quella del Fortore. Mi arrivano adesioni di sindaci e consiglieri comunali, pure tra quelli eletti pochissimi giorni fa. Non posso immaginare che ci sia qualcuno nel centrodestra da candidare all’ultimo momento. Non vedo proposte credibili – al netto di conigli tirati fuori dal cilindro in zona Cesarini – in grado di porre dubbi o veti sulla mia persona. I cittadini daranno fiducia a chi conoscono e si è battuto per la loro regione, non a un quisque de populo imposto dall’alto e all’ultimo momento. Ci sono delle responsabilità a cui nessuno può sottrarsi e che non sfuggono agli elettori. Ci sono partiti che tacciono da quattro anni e mezzo, che non hanno mosso un dito quando la gente ci chiedeva di mandare a casa questo governo regionale: non credo oggi abbiano il diritto di storcere il muso. A meno che non mi dimostrino il contrario, ritengo di essere sulla strada giusta».
Non crede sia però necessario raccogliere il consenso di partiti e movimenti oltre quelli tradizionalmente schierati nel centrodestra?
«Escludendo l’area dei grillini – credo sia molto importante stabilire un contatto con quella sinistra rimasta delusa da Frattura e che oggi è contraria al suo schema di governo. Penso ci sia modo di allargare la proposta: un soggetto né di destra, né di sinistra, ma per il Molise».
Qualche settimana fa, l’onorevole Aldo Patricello ha affermato: Frattura ha governato bene.
Iorio resta per qualche secondo in silenzio, tira un sospiro e sorride. Poi ride di gusto.
«Beato lui – ancora sorridendo -, credo sia uno dei pochi molisani a dire una cosa del genere. Comprendo la scelta fatta all’epoca, mi sembra esagerato riconfermarla dopo l’esperienza che per fortuna volge al termine. Forse Patriciello è motivato da qualche ragione che mi sfugge…».
Quindi esclude un’alleanza con l’eurodeputato?
«Non metto paletti, anzi. Però non mi pare che Patriciello sia disposto a dichiarare il fallimento del governo Frattura. Sa, gli elettori non sono sciocchi. Sarebbe molto difficile far comprendere loro questo atteggiamento».
Non da ex governatore o da candidato in pectore, ma da medico: un giudizio sulla riforma sanitaria.
«In due parole: inutilmente rivoluzionaria. Il giudizio sul Piano operativo è assolutamente negativo. La proposta è al ribasso in quanto a qualità, soprattutto per le strutture pubbliche. Son certo che si poteva e si può fare di più e meglio, rivalutando gli ospedali, riconvertendoli in maniera adeguata rispetto ai servizi indispensabili. Il trattamento di emergenza, leggendo bene il Piano, è solo sulla carta. Il sistema spoke e hub non garantisce la qualità nelle prestazioni emergenziali. Con le stesse risorse che si stanno impiegando, che non hanno portato a un risparmio evidente, si può fare molto, ma molto di più. Tanto per fare un esempio: gli ospedali di Venafro e Larino ridotti a casa della salute nonostante le potenzialità lo ritengo un obbrobrio, una mortificazione. Saranno solo un peso in termini di costi di gestione. Nutro forti perplessità anche circa la sperimentazione in atto all’ospedale Cardarelli. La divisione organizzata per intensità di cure, dove praticamente scompare l’organizzazione dei reparti cui siamo abituati, dove i pazienti saranno ricoverati in base all’intensità della cure di cui hanno necessità – ciò per ridurre i costi e per contenere la spesa del personale – abbassa la qualità dei servizi erogati. La sperimentazione si basa sul modello americano. Il modello italiano si regge su altri parametri, mi riferisco anche ai contratti che vincolano medici, infermieri e personale alle strutture. La sperimentazione in atto presupporrebbe la riforma sanitaria nazionale. Il primario in Italia e responsabile di un reparto ben definito che eroga un tipo di prestazione, ciò contrasta con l’idea di ospedale americano, con l’area ospedaliera indefinita. Non critico il modello, la soluzione la definisco buona, ma applicarla sull’unico ospedale molisano degno di tale nome e farlo al massimo risparmio significa abbassare la qualità delle prestazioni e, quindi, giocare sulla salute delle persone. Il modello Frattura è sostanzialmente il punto di arrivo di una riforma più ampia che, giocoforza, non può partire dal Molise».
Presidente, lei è amico di Berlusconi, nel 2006, durante la campagna elettorale che la vide trionfare, l’ex premier è venuto quattro volte in Molise e dal Molise è partita la riconquista di Palazzo Chigi avvenuta poi nel 2008. Come sono i rapporti oggi?
«Sul piano personale ottimi, non sono assolutamente variati. Ho rappresentato nel tempo la mia contrarietà rispetto alle scelte di Forza Italia in Molise. Mi riferisco al commissariamento del partito, al posizionamento accanto a Frattura. Poi la decisione ancor più traumatica alle amministrative di Isernia (Forza Italia decise di non appoggiare d’Apollonio, ndr). Rimanendo nell’area politica del centrodestra, ho scelto un riferimento forte e sicuro come Raffaele Fitto. Ma con Berlusconi nessuna rottura».
Berlusconi ha ancora il carisma per tenere insieme il centrodestra?
«Molto dipende dalla Corte di Strasburgo. Vedremo se riuscirà ad avere ragione e a ottenere la candidabilità. Candidato o no, resta tuttavia il riferimento più importante del centrodestra. Senza ombra di dubbio».
Un giudizio su Frattura?
«Ha sbagliato dall’inizio ad impostare la presidenza contando su pochi amici – per lo più soci – e legati a lui da interessi precedenti. È stato violento, ha discriminato chi non era della sua parte politica. Lo dimostrano le furibonde critiche che montano nei suoi confronti. Il giudizio su Frattura non lo esprimo io: lo ha espresso la metà della sua maggioranza che lo ha abbandonato. Evidentemente qualche problema se lo deve porre. Glielo dico per l’ultima volta: faccia un gesto di generosità verso questa terra, si dimetta e consenta ai molisani di andare alla urne».
luca colella
Ma coloro i quali hanno messo “like” in realtà a che cosa lo hanno messo? Non è bastato il male fatto alla regione durante i vari mandati? Signori, sveglia!
Non so se ridere o piangere. Anche nei confronti dello spazio mediatico dato a questi deliri…
quale gente ti vuole? pure il publico? faccelo sapere!!!! grazie.