Conosce benissimo la sanità molisana. Ne ha seguito le sorti da stakholder nazionale senza fare sconti e con proposte concrete. Oggi, Tonino Aceti presiede Salutequità, organizzazione per la valutazione della qualità delle politiche per la salute.
Un osservatorio professionale e dinamico il cui punto di vista è orientato alle ricadute delle scelte di politica sanitaria sulla vita delle persone. Argomento di partenza di questa chiacchierata, quindi, non può che essere quello legato ai livelli essenziali di assistenza, che in Molise nel 2019 sono precipitati.
Aceti, nel 2018 il Molise aveva 180 punti nella griglia Lea, la performance migliore di sempre. Un anno dopo, 30 punti in meno e bocciatura senza appello. Secondo lei cosa è successo?
«Guardi, quello che è avvenuto un caso di studio. Una riduzione così importante nei Lea coincide con un momento particolare della sanità molisana. Nel 2019 il commissario Giustini era stato nominato da poco e ci furono molte frizioni con il presidente della Regione. Sempre in quell’anno, il direttore Sosto che era alla guida dell’azienda sanitaria del Molise dal 2016, andò via. Il tempo di rodaggio, per la struttura commissariale e per la nuova governance dell’Asrem, ha influito sulla capacità di monitoraggio e controllo. La buona performance nei Lea arriva anche perché a fine anno il vertice sta col fiato sul collo dei responsabili di quei servizi che producono il valore Lea per ogni singolo indicatore. La carenza di personale è sicuramente un problema strutturale che in Molise influisce più che altrove sulle prestazioni. Ma sono convinto che quel tonfo si spieghi anche con i cambi al vertice e le frizioni fra livelli di governance».
I risultati peggiori, nel 2019, negli screening oncologici, nell’assistenza dipartimentale della salute mentale e nella chirurgia ortopedica. È spiegabile solo con la carenza di medici, a cui lei già accennava?
«La carenza di personale è un ostacolo oggettivo, esiste. Penso ai bandi che vanno deserti per i posti da chirurgo. E questo incide sulla capacità o meno di operare una frattura del collo del femore entro 48 ore. Credo però che si ponga per tutti e tre gli indicatori da lei citati il tema legato alla precisione dei dati inviati a Roma, che è un problema atavico di tutte le Regioni. Rispetto alla salute mentale, per esempio, non è che da un anno all’altro si smette di seguire i pazienti. Detto questo, risultati del genere a mio parere impongono una verifica dell’operato del direttore del servizio e, in caso non sia positiva, azioni di conseguenza. In particolare, lo screening è un servizio fondamentale non per i Lea ma per la salute delle persone. Il Molise, su questo fronte, deve recuperare due volte: il tonfo del 2019 e il blocco che si è avuto nel 2020 per la pandemia».
Con l’entrata in vigore del nuovo sistema di garanzia Lea cosa dobbiamo aspettarci?
«Aumenta tanto il numero di indicatori. Soprattutto, il nuovo sistema di garanzia analizza molti più aspetti. Per l’assistenza distrettuale viene verificata l’effettività dei percorsi terapeutici. Non basta aumentare la percentuale di anziani trattati in assistenza domiciliare. Bisogna vedere quante ore il Molise ha dedicato ai casi trattati e su questo aspetto la posizione del Molise è un po’ critica. Come se avesse realizzato una torta più grande ma con meno ingredienti. Il nuovo sistema guarderà meno all’aspetto formale e più a quello sostanziale. L’esame sarà molto più complesso. Se il Molise non cambierà passo sulla rete ospedaliera, sulla strutturazione di una vera rete di presa in carico per le cronicità, non basata solo sulle delibere, e sull’informatizzazione credo che il nuovo sistema di garanzia gli giocherà brutti scherzi. Nella sperimentazione realizzata con i dati del 2019, il Molise nell’assistenza ospedaliera è inadempiente. Andrà al di sotto di quel livello per il 2020 perché è l’anno del lockdown, rischia però di andare giù anche nell’assistenza territoriale».
Le Regioni vorrebbero che il 2020 e il 2021 fossero ‘abbonati’ a causa del Covid.
«Io ritengo che sia un errore. Non va abbonato nulla. Il nuovo sistema di garanzia non è una pagella per le Regioni, è uno strumento di lavoro che permette di capire cosa non è andato, quali sono state le difficoltà e mettere in campo azioni migliorative. Si potrebbe stabilire che tutte le Regioni hanno comunque accesso alla quota premiale del fondo sanitario nazionale, ma la valutazione è dovuta».
Su cosa dovrebbe puntare chi programma e chi gestisce la sanità per recuperare terreno nel medio periodo?
«Su una buona, tempestiva, corretta e continuativa gestione della cronicità. Anche per la conformazione del Molise e le sue caratteristiche demografiche, questa è la vera sfida. Senza tralasciare la rete ospedaliera, dove punterei sull’alta complessità, attraverso accordi con le altre Regioni per garantire la sicurezza delle cure, ma lavorando anche per riportare in Molise qualche disciplina ad alta complessità, quindi lavorando sulle competenze e sul personale. Inoltre, sostenere i costi di chi è costretto ad andare fuori per curarsi, cosa che avveniva prima del commissariamento in Molise. Lavorare quindi sulla riqualificazione della rete ospedaliera e sul rispetto del dm 70».
Lei condivide il decreto Balduzzi. In Molise è diventato sinonimo di tagli e riduzione di servizi.
«Lo considero un ottimo decreto perché dà indicazioni chiare ed elimina la discrezionalità delle scelte politiche in sanità. Presuppone un bacino d’utenza e punta a garantire la sicurezza delle cure. Ha avuto il placet dei presidenti delle Regioni. Poi però non è stato attuato in tutte le Regioni e chi l’ha attuato lo ha attuato solo sulla rete ospedaliera sfoltendola senza irrobustire quella extra ospedaliera. Si possono rivedere alcuni parametri, questo sì, ma non possiamo pensare che la sanità sia ridisegnata attraverso una valutazione discrezionale prettamente politica degli interessi di zone territoriali specifiche. Gestire bene il dm 70 in Molise vuol dire porre in maniera importante la questione del personale sui tavoli nazionali e sistemare l’elisoccorso, che non è un optional. L’elisoccorso deve volare tutto il giorno. Se il Molise accetta di fare accordi con le altre Regioni per l’alta complessità deve poi garantirla in tempi congrui, nei tempi previsti dai parametri clinici».
Il Pnrr, missione salute, destina al Molise 49 milioni. Quali azioni sono a suo parere indispensabili?
«Il Pnrr è una grande occasione per ridisegnare la rete sociosanitaria territoriale, gli investimenti devono servire a portare le prestazioni anche in aree difficili da raggiungere. L’ammodernamento tecnologico, le attrezzature sono importanti, ma bisogna prima avere chiaro il disegno, la visione di sanità. Altrimenti si rischia di buttare i soldi. Fossi il presidente della Regione mi doterei di tutte le competenze necessarie, in termini di capitale umano, per agganciare il Pnrr partendo però da un disegno che deve essere elaborato e non può prescindere dal confronto con tutti. Altro aspetto fondamentale, secondo me, è la comunicazione: serve un punto di accesso per informazioni trasparenti e basate sulle evidenze alla cittadinanza, che potrà scegliere in maniera consapevole dove curarsi. Se il Molise si pone con un’immagine seria a livello nazionale – consapevole dei limiti e dei problemi ma disposto a lavorare per risolverli – può diventare un laboratorio per il servizio sanitario nazionale. Senza arrendersi a quel che dice oggi il Mef. Bisogna secondo me programmare in prospettiva per dare ai molisani quel che loro spetta: contribuiscono da una vita al ripianamento del debito con Irpef e Irap. È ora di restituire».
rita iacobucci