La Regione ha comunicato a Gemelli e Neuromed che, come previsto dal nuovo decreto sul budget, le prestazioni di novembre e dicembre non saranno accettate e pagate perché le due strutture non hanno firmato il contratto. Durissima la reazione delle cliniche: il tetto di spesa che ci avete assegnato è esaurito, anche se firmassimo l’accordo dovremmo chiudere, hanno scritto in riscontro alla direzione Salute, a questo punto dimettiamo i pazienti e voi li prenderete in carico.
È riesplosa la guerra fra la struttura commissariale della sanità e i principali erogatori convenzionati. La nota della dg Lolita Gallo è del 1 dicembre. Una volta entrato in vigore il provvedimento emanato dal commissario Toma a fine ottobre, i privati avevano un termine per sottoscrivere l’accordo. Pena, la mancata contabilizzazione di interventi, visite ed esami effettuati. Il termine è trascorso invano. Ma Gemelli e Neuromed erano stati chiari: se firmiamo dovremo fermarci comunque perché il budget è già finito.
Alla ‘messa in mora’ i due centri hanno reagito immediatamente. Un riscontro articolato, che elenca – per esempio per il centro di Campobasso – i pazienti in cura al momento e per quali tipi di patologie (104 con quadri clinici complessi ma anche 363 in day hospital per i cicli di chemioterapia), le prestazioni ambulatoriali programmate (oltre 3.300) da qui al 31 dicembre e i ricoveri in agenda. Considerato che la struttura dovrebbe fermarsi lo stesso, perché il tetto di spesa è raggiunto (ed è invalicabile per il decreto di Toma), Gemelli chiede alla Regione l’immediata presa in carico dei ricoverati (e di tutti gli altri che avevano programmato già interventi, terapie, visite o esami) e il trasferimento in una struttura sanitaria qualificata (che quindi eroghi prestazioni cardiochirurgiche, onco ematologiche e di oncologia ginecologica).
L’ospedale guidato da Stefano Petracca assicura che se non ci saranno immediati provvedimenti in questa direzione, comunque saranno assicurate le cure necessarie ai pazienti, cure che a quel punto saranno poste a carico della Regione che si sarà resa inadempiente.
Il caso ha travalicato immediatamente i confini regionali perché i privati hanno inviato il riscontro anche ai ministeri – Salute, Economia e Interno –, al procuratore generale della Corte d’Appello, ai prefetti, oltre che naturalmente a Toma e alla dg Gallo. Per conoscenza, poi, pure ai parlamentari.
Intanto, le reazioni della politica locale non si sono fatte attendere. Per l’ex governatore Michele Iorio, quanto sta avvenendo è «il risultato di una politica assurda del presidente-commissario che sta assumendo un atteggiamento pericoloso basato sull’indifferenza nei confronti della dell’esigenza della salute dei cittadini molisani». Provvederà, ha annunciato, a interessare il ministro Schillaci della vicenda «perché intervenga con urgenza in questa situazione drammatica che, altrimenti, potrebbe diventare disumana e chiedo a Donato Toma di revocare il provvedimento inappropriato e oltremodo pericoloso per la salute dei molisani».
Il presidente della IV Commissione Gianluca Cefaratti è categorico: «Il commissario revochi immediatamente il decreto 35 prima che si giunga ad un punto di non ritorno. Non possiamo supinamente accettare che i malati vengano forzosamente dimessi per carenza di fondi. Se invece non dovesse avere la forza di revocare il Dca, ha il dovere morale di farsi da parte. È giunta l’ora che il governatore–commissario si assuma la responsabilità delle proprie azioni a prescindere dalla natura delle prestazioni sanitarie erogate. Lui non può più limitarsi a recepire gli ordini dei tavoli ministeriali fungendo da mero esecutore delle volontà romane». Anche da Cefaratti un appello ai parlamentari per garantire alla sanità molisana risorse adeguate.
ritai